SKIANTO. Quando il teatro provoca ferite e trasformazioni irreversibili.
“Il
teatro è un atto sacro che impegna tanto chi lo vede che chi lo esegue, e che l’idea
psicologica fondamentale del teatro è questa: un gesto che si vede e che lo
spirito ricostruisce in immagini ha lo stesso valore di un gesto che si fa. Ed
è per questo che non c’è miglior strumento di rivoluzione che il teatro”. A.
Artaud
«Io sono come
Pinocchio, murato dentro un ceppo di corpo». Tutto “il dentro”
di una persona cerebrolesa, con una «scatola cranica sigillata» esplode sul
palcoscenico attraverso il corpo e la voce di Filippo Timi e ci schianta contro
l’impossibilità di dire, di comunicare, di essere in relazione con l'altro e condividerne il sentire.
Timi
dà corpo e voce all’urlo di silenzio delle persone con disabilità che non
possono esprimersi attraverso il linguaggio verbale, che non sanno come
comunicare ciò che provano, sentono e desiderano e che sono circondati da persone
che non si danno il tempo di ascoltarle per provare a comprendere i loro messaggi, a volte lievi e impercettibili altre smisurati e indecifrabili.
È
un urlo che, ancora prima di dire, chiede di vedere la disabilità che rimane
troppo spesso rinchiusa dentro le case, nascosta al nostro sguardo bonificato e
edulcorato che forse la teme e ne ha paura proprio perché non la conosce. Il
bambino che cresce in un corpo adulto si muove tra la sua camera e il bagno e l’unica
possibilità di uscita, di vedere il cielo, ritagliato tra le pareti di un
palcoscenico spoglio e grigio, è un ricovero in ospedale dove spera che un
encefalogramma possa registrare i suoi pensieri e un elettrocardiogramma tradurre
in parole le sue emozioni.
È
un urlo che tra risate e commozione, tra la leggerezza e il dolore, il divertimento
e la rabbia, ci chiede lo sforzo di vedere la persona oltre la sua patologia, di
allentare le nostre pretese di interpretare e manipolare l’essere deficitario e
di voler raddrizzare e aggiustare a tutti i costi ciò che «è rotto» perché la
normalizzazione è una «favola che non esiste».
Ma
ciò che esiste nello spazio magico del teatro è un corpo che nella sua immobilità
sa volare, sa cantare e pattinare e nella sua chiusura e isolamento vorrebbe
amare ed essere amato. Un corpo sospeso tra la vita e la morte, tra la
dimensione umana e animale, un corpo ferito che chiede di essere visto,
ascoltato rispettato nella presenza sofferente e sofferta dei suoi molteplici
volti.
Lo
spettacolo “SKIANTO” è in scena al Teatro Franco Parenti di Milano, fino al
7 dicembre.
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