"The Child in Time" – Un libro impregnato di infanzia
Come spesso accade, la
traduzione di un titolo non restituisce all’opera la sua complessità e
ricchezza. Nel caso del romanzo dell’autore inglese Ian McEwan, pubblicato nel
1987, la seppur minima variazione del singolare dell’originale trasposto nel
plurale “bambini” potrebbe apparire una
minuzia insignificante ma, a mio parere, piuttosto rilevante se si guarda
all’infanzia come dimensione archetipica.
The Child è il bambino simbolico e letterale presente costantemente e
indecifrabilmente nella sua assenza. È’ la bambina scomparsa, figlia di Stephen
Lewis, autore accidentale di libri per bambini, che si sottrae allo scorrere
implacabile del tempo e ci sottrae al tempo dell’infanzia, alla sua dimensione
atemporale, sospesa, magica. La sparizione di Kate in un supermercato, luogo
paradigmatico del consumo e del profitto, è anche la scomparsa dell’infanzia
nella nostra società adultificante e bonificatrice, una società impegnata a riscrivere
il Manuale per l’educazione per reintrodurre una buona dose di autoritarismo e qualche
pillola di cambiamento e crescita per
guarire la “condizione invalidante,
instabile” e mancante dell’ in-fante. The
Child è il bambino che Charles Darke, uomo d’affari e politico in carriera,
ha perduto irrimediabilmente e il cui richiamo disperato e ammaliante, rimasto sepolto troppo a lungo,
lo rapirà tragicamente. E’ il bambino che Stephen Lewis, il protagonista, cerca
famelicamente tra i mendicanti che affollano le stazioni londinesi, è il
bambino che ritrova nelle sue rêverie d’infanzia e forse nella nascita di un
nuovo bambino reale e simbolico.
È, allora, la parola “bambino”, al singolare, lo
scrigno che custodisce e rivela la complessità e l’irriducibilità della
dimensione d’infanzia.
Manuale per
l’educazione del bambino, HMSO
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