Garantire il diritto al gioco dei bambini con autismo: il 2 aprile come ogni giorno.
Domani, 2 aprile,
sarà la giornata mondiale della consapevolezza sull’autismo e magari per un
giorno ci ricorderemo che il nostro mondo è abitato anche da strane creature
con manierismi e stereotipie bizzarri, da bambini muti che si dondolano avanti
e indietro, che gridano, inaccessibili, tagliati fuori dal contatto umano (T.
Grandin, 2001).
Per
un giorno forse proveremo a ricercare informazioni per trovare una spiegazione
medicalizzata e rassicurante, o forse il
nostro sguardo rimarrà offuscato, come tutti i giorni, dal moralismo
e dal buonismo nei confronti dei poveri
“bambini di poche parole” (A. M. Wille, 1994), oppure per un giorno –
proprio come fanno le persone con autismo - ci tapperemo le orecchie, non
avremo parole, rivolgeremo i nostri occhi altrove senza guardare niente e da
nessuna parte per non lasciarci toccare o sfiorare dall’estraneità della figura
indefinita e indefinibile della disabilità.
Per
un giorno. E dopo?
Dopo
rimangono i bambini, che prima di essere autistici sono persone. Persone con le
proprie caratteristiche e modalità di funzionamento e comunicazione, con le
proprie peculiarità sensoriali, con i propri interessi e preferenze, con il
proprio e unico modo di giocare. E tutti possono e devono giocare.
Allora è di un gioco
che voglio parlare in questo post, per questa e ogni giornata, perché nel
“cerchio magico” del gioco può avvenire qualcosa di trasformativo per il
bambino e per l’adulto.
L’associazione
L’abilità onlus, presso cui lavoro e di cui coordino il servizio educativo
dello Spazio gioco, sta partecipando a un progetto, partito nel dicembre 2012 e
tuttora in fase di sperimentazione, per esplorare le difficoltà e le
potenzialità nella relazione dei bambini affetti da autismo.
Il
progetto è nato da una collaborazione tra L’abilità, L’istituto Neurologico
Besta di Milano e la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa (Istituto di
Bio-robotica). Il dialogo e il confronto tra saperi disciplinari diversi ha
permesso di pensare e creare un gioco innovativo, attraente, versatile e adattabile
alle esigenze del bambino.
Roddi,
acronimo dell’ articolata dicitura inglese (New
Robotic Platform for Rehabilitation of Children with Pervasive Developmental
Disorders and Cognitive Impairments) è il nome del gioco che stiamo
sperimentando con alcuni bambini con
autismo e si propone di promuovere e stimolare la relazione tra bambino e educatore
e migliorare le capacità di interazione sociale.
Roddi
è una piattaforma robotica costituita da quattro differenti tipologie di giochi
pensati e costruiti a partire dai giochi preferiti dai bambini con autismo che
frequentano lo Spazio gioco e che, attraverso rinforzi visivi e sonori,
risponde alle azioni del bambino e dell’educatore. Roddi non è uno dei numerosi
robot che si sono limitati a favorire l’interazione tra bambini e macchine,
piuttosto un mediatore sociale, una risorsa che può stimolare e ampliare le
relazioni umane anziché sostituirle.
Un’altra
peculiarità innovativa del progetto consiste nel fatto che Roddi è un gioco che
si è deciso di sperimentare in un
contesto educativo e non medico-riabilitativo, dove il gioco non è considerato esclusivamente
uno strumento per acquisire abilità o competenze ma dove il bambino può primariamente
trovare un contesto di benessere e piacere e dei giochi creati, adatti e adattati
a partire dai suoi bisogni e dalle sue potenzialità.
Vi
racconterò in un prossimo post i primi esiti della sperimentazione, intanto
allego una foto di Roddi e torno a giocare.
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