Il sentiero dei nidi di ragno. Tra le trame dell’infanzia.
“I grandi sono una
razza ambigua e traditrice, non hanno quella serietà terribile nei giochi
propria dei ragazzi, pure hanno anch'essi i loro giochi, sempre più seri, un
gioco dentro l’altro che non si riesce mai a capire qual è il gioco vero”.
Pin
è il protagonista del primo romanzo di Italo Calvino Il sentiero dei nidi di ragno. Pin è un bambino che osserva e
partecipa alla guerra partigiana, ma è anche, a mio parere, simbolo di uno sguardo archetipico,
di uno sguardo infante.
Non
conosciamo precisamente la sua età e il suo nome, non sappiamo esattamente da
dove provenga, la sua voce “rauca da bambino vecchio” risuona beffarda tra caruggi
e osterie. Pin sembra essere una figura ambigua, in bilico tra il mondo infante
di cui testimonia uno sguardo e il mondo adulto di cui indossa una giacca “troppo
da uomo per lui”, da cui è affascinato ma che rimane “incomprensibile e nemico”.
Pin è un “ragazzo che non sa giocare, che non sa prender parte ai giochi né dei
grandi né dei ragazzi”. È un bambino irriverente, è un monello e un vagabondo –
dice lo stesso Calvino, non si lascia facilmente addomesticare dal dispositivo panottico
e disciplinante della prigione, urla, scalcia e ricalcitra finché ottiene la
libertà.
Pin
è scanzonato e sfacciato, diverte i grandi con i suoi scherzi e le sue canzoni,
li sbeffeggia, svela i loro misfatti, è un “guastafeste” (Huizinga, 1972) che
smaschera le regole del gioco degli adulti.
Pin
è animato da una curiosità famelica, è assetato di avventura, è ammaliato dai
fuochi della battaglia, è guidato da una conoscenza appassionata e animale che
lo connette al mondo. Solo lui conosce un luogo segreto e inaccessibile agli
adulti, una radura dove si compiono “incantesimi”, dove i ragni fanno i nidi, “delle
tane, dei tunnel tappezzati d’un cemento d’erba secca” e chiusi da una porticina
meravigliosa e tonda che si può aprire.
Il sentiero dei nidi ragni è il luogo dell’infanzia, è il cerchio magico del gioco
dove è impossibile disgiungere la crudeltà e la purezza, la realtà e l’immaginazione,
la violenza e la vita, dove una pistola può diventare “una bacchetta fatata” e Pin “un re, un dio”.
E
il romanzo si conclude proprio nel “posto magico” del Bambino, che è stato
deturpato da un “traditore” ma dove Pin
non è infine più solo ma ha trovato il “Grande Amico” che ha saputo capire e
abbassarsi per ri-guardare dentro le intricate trame dell’infanzia.
“E
continuano a camminare, l’omone e il bambino, nella notte, in mezzo alle
lucciole, tenendosi per mano”.
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