L'esposizione dell'infanzia. Il teatro virtuale dell'esperienza educativa
Questa
breve e sentita, forse non originale, riflessione nasce dal dilagare incessante
di pagine su facebook di nidi e scuole dell’infanzia (e di tanti altri servizi
socio-educativi) che espongono indistintamente e pubblicamente l’intimità dell’accadere
educativo aprendo quotidianamente il sipario sulla scena educativa e mostrando
minuziosamente e in tempo reale ciò che accade ai suoi piccoli protagonisti. E condividendo
le immagini pubblicate il teatro si ripete all’infinito davanti allo sguardo
rapace o distratto di tutti e nessuno.
Attraverso
le fotografie si duplica e si rinforza il dispositivo di controllo degli adulti
sull’infanzia: i bambini possono essere osservati e controllati incessantemente
da genitori, parenti o amici e, al contempo, ai genitori e ai bambini non viene più concesso quello
spazio fisico e mentale di necessario distacco.
Allora la sovrabbondanza di immagini mi interroga.
Come
può un educatore esserci con tutto il
corpo, la mente e il cuore nel qui ed ora dell’esperienza educativa se è
occupato a immortalare, magari mettendoli in posa, i suoi piccoli allievi? Come
possono “vedere” il bambino se lo guardano attraverso lo schermo della
prestazione e dell’esibizione? Come i bambini apprendono a stare al mondo se ci
vedono implacabilmente cliccare e andare e venire nel virtuale? (Quante foto si
trovano di bambini che, mentre hanno le mani immerse nella terra o stanno “scoprendo
il melograno”, vengono distratti e guardano nell’obiettivo della macchina
fotografica!) Perché violare l’intimità e l’autenticità dell’esperienza di
scoperta e conoscenza del mondo?
Cosa
restituiranno le educatrici e le insegnanti ai genitori a conclusione di ogni
giornata se tutto è già stato visto e detto su facebook? Non si estingue così lo
spazio del dialogo, dell’ascolto, della curiosità e dello stupore di ciò che ci
può raccontare un bambino con le sue parole piene di emozioni, odori e sapori?
Quando
siamo sul palcoscenico dell’esperienza educativa ci siamo noi educatori, performer, attori attraverso cui passa l’insegnamento
(Grotowski cit. in Attisani, 2006, p.45), ci siamo noi con il nostro “Io-Io “(ivi,
p.48) che non è lo sguardo o il giudizio degli altri ma “un’altra parte di sé”
che ci guarda mentre agiamo, che ci rende presenti e ricettivi nel qui ed ora
della relazione. Ci siamo noi e il nostro pubblico di bambini con cui ogni
giorno mettiamo in scena il copione che “noi” dobbiamo recitare (Massa, 2001,p.78).
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