“Il mondo segreto dei bambini”. L’ipersorveglianza dell’infanzia della pedagogia in televisione
Mentre
si sta svolgendo, a Milano, il XX Convegno nazionale dei servizi educativi e delle scuole dell’infanzia, al quale malauguratamente non ho potuto
partecipare a causa di un malanno che mi costringe a casa, mi sono imbattuta (a
seguito di una telefonata allarmata di un amico) nel programma televisivo “Il mondo
segreto dei bambini”.
«La
nuova serie “Il mondo segreto dei bambini” è un affascinante documentario che
ci porta nel mondo degli asili nido. Con l’aiuto delle telecamere, catturiamo
ogni sfumatura, ogni sussurro, ogni piccolo scontro e ogni prima emozione
mentre i bambini, in un mondo senza genitori, iniziano a diventare
indipendenti. Grazie a questo sguardo unico su uno dei momenti più importanti
dell’infanzia, i genitori e due scienziati, esperti del settore, osservano i
comportamenti di 10 bambini che iniziano a instaurare, o a rompere, nuove
amicizie, che condividono o lottano per sopravvivere e per trovare un loro
posto in un nuovo gruppo sociale».
Senza
aver visto un qualsiasi episodio della serie televisiva si potrebbe cambiare
immediatamente canale dopo aver letto questa presentazione sul sito web della
trasmissione. Ma costretta a letto, mi sono concessa il tempo di guardare e di
essere guardata dalla
spettacolarizzazione e dall’esibizione di un’infanzia sorvegliata e controllata
dal dispositivo pedagogico mediale (Mottana).
Come
può essere custodita la solitudine segreta e felice dell’infanzia, le ore senza
nome e senza divenire in cui immaginare il mondo (Bachelard) se i
bambini vengono messi sottovuoto e esposti nella scatola igienizzante e
omologante della televisione? Come può essere protetta l’intimità sognante se le
telecamere si insinuano a scuola, a casa, nelle camerette dei bambini (scenari peraltro di uno standard di vita
ricco e opulento)? Come possono i bambini diventare indipendenti se sono
costantemente controllati e monitorati dall’occhio di una telecamera che
consente ai genitori e agli adulti di essere perennemente presenti? Come può
essere preservata la vitalità divergete (Cataldo) dei bambini se sono costretti
da uno sguardo unico dentro i binari univoci di una conoscenza rigida, dentro
schemi di pensiero e comportamento unilaterali volti alla produttività e alla
performatività? Come possono sperimentare il conflitto se viene immediatamente
sedato attraverso interviste in simultanea che appaiono talvolta “recitate”?
Come si può aver rispetto e riguardo della pluriformità dei bambini se
sedicenti scienziati, talvolta scimmiottando la voce dei bambini, con un
linguaggio potente e semplicissimo propugnano soluzioni rapide ed efficaci per
ogni criticità?
Si
potrebbe proseguire ancora e a lungo. E forse occorre non arrestarsi e
continuare ad esercitare uno sguardo critico e resistente alle nuove forme tecnologiche
(la rete, i media, la televisione) di pervasività e spettacolarizzazione
pedagogica che esibiscono la costruzione di un soggetto disciplinato e
omologato alla normalizzazione sociale orientata ad azzerare la differenza e la
possibilità di un’alternativa.
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