Il pentolino di Antonino
Carrier
I. (2011), Il pentolino di Antonino, Kite Edizioni, Padova.
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Il pentolino di
Antonino non è solamente un libro per bambini da 2 a 5 o da 6 a 10 anni, come è prescritto dai tenaci catalogatori dell’infanzia.
Il pentolino di
Antonino è, a mio parere, un libro di delicata sensibilità
rivolto a tutti coloro che vogliono provare ad accostarsi alla disabilità nel riconoscimento della diversità di ognuno, nell’incontro
della persona prima e oltre la patologia, la difficoltà. È un invito a provare a
dismettere gli occhiali rassicuranti che indossiamo per “disciplinare il
caotico, il complesso e indicare nella prestanza, nell’efficienza, nella
riuscita la meta del nostro procedere” (Di Pasquale, 2007, p. 101). Un’esortazione
quindi ad avviare un processo di consapevolezza delle immagini mentali, sociali e culturali, miti radicali e radicati, che presiedono e anticipano, almeno dentro
di noi, l’incontro diretto con le persone reali e il mondo.
Attraversare
ed esplorare queste idee implicite e incrollabili, questi modelli prescrittivi e
inconfutabili può essere faticoso perché dobbiamo renderci disponibili a spezzare
la dicotomia noi/gli altri, a rimettere in gioco il nostro esserci e agire, a
ristabilire le regole del presente e del futuro. La persona “extraordinaria”
che incontra Antonino, non vede solo il pentolino rosso strano, imbarazzante e inquietante
che il bambino trascina dappertutto, ma riconosce la persona con le sue
difficoltà e potenzialità restituendogli la possibilità di immaginare un
futuro, non più nascosto e dimenticato nell’isolamento ma ritrovato nella relazione con gli altri per ciò che è, sa fare, si sente di portare.
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