Captain Fantastic di Matt Ross
Qualche tempo fa,
Francesca Antonacci, in un’intervista pubblicata sul quotidiano La Stampa,
parlava di genitori “elicottero”, genitori iperprotettivi “incapaci di non
controllare i propri figli”. Genitori che, immersi in una cultura del sospetto
e della sorveglianza, manovrano ogni
mossa dei loro piccoli proteggendoli non tanto da presunti pericoli ma dalla
possibilità di vivere l’esperienza. “Tutto è ammorbidito e edulcorato: non si
lascia spazio all’asprezza e alle spigolature dell’esistenza. Crescendo così
persone fragili e non in grado di gestire le difficoltà”.
Ben, padre e
protagonista del film Captain Fantastic,
non è decisamente un padre “elicottero” (anche se, parlando di educazione,
potremmo sempre aprire una lunga e mai superflua parentesi di riflessività sulle pratiche del sapere-potere e quindi sulle modalità,
talvolta indottrinanti e pervasive, di
condurre di Ben). Ben e la moglie hanno deciso di educare i loro sei figli in
una foresta del Nord America: come una tribù di cacciatori-raccoglitori
trascorrono le loro giornate procurandosi il cibo, correndo, combattendo, affilando
coltelli, arrampicandosi sulle rocce, studiando, cantando, giocando. E
attraverso il gioco si allenano alla vita, imparano a vincere e perdere, a ridere
e a piangere, ad affrontare ostacoli non necessari, a fare gruppo e a prendersi
delle responsabilità.
Il
loro accampamento è una radura (o una gabbia dorata?) in un mondo
iperconsumista e iperproduttivo, in una società dove “lo shopping sfrenato è la
principale forma di interazione sociale”. Una radura che diviene zona liminale,
di passaggio, spazio potenziale per una apertura
e trasformazione dello sguardo.
Il
film offre la possibilità, a noi spettatori, di ripensare criticamente un’educazione
che ha sottratto ai bambini e ai ragazzi la possibilità dell’avventura, del
gioco, dell’immaginazione, della natura. Senza dovere evidentemente e
inutilmente giudicare la scelta di Ben giusta o sbagliata, anticonformista o
eccentrica, vintage o radical chic, Captain
Fantastic diventa un invito a
sorvegliare e sorvolare meno sull’esistenza di bambini e ragazzi per
lasciarli perdere nei labirinti quotidiani della vita per scoprire, sperimentare, sbagliare, appassionarsi, giocare.
Il
film si chiude con una canzone d’infanzia.
She's got a smile it seems to me
Reminds me of childhood memories
Where everything
Was as fresh as the bright blue sky
Now and then when I see her face
She takes me away to that special place
And if I'd stare too long
I'd probably break down and cry
Oh, oh, oh
Sweet child o' mine
Oh, oh, oh, oh
Sweet love of mine
Reminds me of childhood memories
Where everything
Was as fresh as the bright blue sky
Now and then when I see her face
She takes me away to that special place
And if I'd stare too long
I'd probably break down and cry
Oh, oh, oh
Sweet child o' mine
Oh, oh, oh, oh
Sweet love of mine
Ciao, scusa ma non è una canzone d'infanzia. E' una bellissima canzone dei GUNS AND ROSES.
RispondiEliminaSì, sì lo sappiamo, ma è una canzone che parla di infanzia, in questo senso...
RispondiElimina