Lo stupore infantile







Berruti in Paradise lost, l’ombra, l’innocenza e il sole nero, indaga il tema dell’infanzia immaginando un bambino che gioca con la sua ombra. Posizioni diverse del suo corpo producono effetti imprevedibili e forme inimmaginabili. Attraverso il corpo e i sensi il bambino conosce se stesso e il mondo, intuisce legami tra effetti e cause, scopre il potere che ha sull’ambiente. Egli è presente alle sue esplorazioni con serietà e stupore, vive in uno stato di concentrazione estatica che prelude ogni apprendimento, perché come sostiene Mari “è una faccenda molto seria: il gioco non gli serve a passare il tempo, ma a capire il mondo.” 

L’ombra appare come effetto remoto e ineffabile di un’azione concreta, le forme sono a volte somiglianti alla sua origine corporea a volte paradossalmente deformi e inconciliabili con essa. 
Egli impara o forse già sa che nel suo esplorare vige una regola che se non rispettata porta alla fine del gioco. E’ infatti necessaria sia una giusta distanza che non contempli fini predatori tra corpo e ombra, sia come scrive Antonacci una “facoltà mediatrice (...) una disposizione simbolica che inclina verso l’accettazione passiva” che accoglie l’insolito senza volerlo catturare, che guida e orienta il desiderio evitando che un eccesso di vicinanza metta in fuga l’ombra beffarda. 
Nel suo agire lo sguardo del bambino oscilla in modo incessante tra l’ombra e la sua origine materica, come accade per esempio tra l’ombra transitoria e opaca e la mano presente e lampante. Nel suo gioco scopre che questi opposti gli appartengono, non si escludono ma rappresentano momenti diversi sulla stessa linea del divenire. Il gioco per sua natura mette in relazione ciò che in realtà sembra escludersi e rende possibile una sorta di dialettizzazione di polarità opposte, ritmata come sostiene Wunenburger “dalla successione dei contrari, attraverso l’alternanza delle modalità antitetiche”. Per questo motivo giocare è esperienza transizionale che genera un’area intermedia in cui poli contrari si connettono in modo inedito dando vita a esperienze euristiche pregne di immaginazione ludica. 
Berruti dichiara: “Per la prima volta i miei disegni hanno una nuova protagonista che coesiste con le figure infantili. L’ombra è sicuramente una scoperta affascinante: è gioco, è mistero, ma è anche oscurità. Ogni bambino diventerà un adulto facendo i conti con il suo lato più nero. Mi piace pensare che questa consapevolezza si affianchi sempre ad una buona dose di leggerezza; come un bambino che gioca con la sua ombra”.

In riferimento al Fanciullo Eterno, archetipo centrale in Jung, qui incarnato dal bambino di Berruti rinnoviamo l’esortazione di Zolla: “Il gioco è l'apice dell'uomo, l'esercizio dello spirito che così diventa un corpo, attività fine a se stessa, significativa ma non mirata (...) Indugiamo dunque, posiamoci accanto al mistero dell’infanzia, la quale ben più della veglia di un adulto è prossima all’unità: l’io e il mondo, interiorità ed esteriorità in essa si congiungono e si permeano reciprocamente in maniera inestricabile.”


In linea con lo sguardo vivificante di Puer Ludens che si è posato su altre opere d'arte raccolte nell’ultimo saggio “Intrecci di Infanzia”, continuiamo a proporre con un intento ermeneutico e mai analitico, immagini di infanzia simbolica attraverso uno sguardo dalla ricchezza caleidoscopica in quanto come sostiene Antonacci “L’operatività artistica è in grado di cogliere, descrivere e restituire un’immagine d’infanzia differente, garantendone la ricchezza, l’ambivalenza, la potenzialità perturbante e trasformativa che essa custodisce e celebra, e in questo modo può restituire all’infanzia la giusta dignità.”

Tutte le immagini sono tratte da Artribune 
Il sito di Valerio Berruti da cui è tratto il suo virgolettato


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