La canzone del mare



J’ai vécu sans savoir que je vivais ma fable[1].
J. Rousselot
Ogni infanzia è favolosa, scriveva Gaston Bachelard (1972). Non perchè influenzata da fiabe e storielle sciocche e fossili che spesso gli adulti raccontano ai bambini come litanie, ma perché nell’infanzia la favola coincide con la vita stessa.
“É nella sua personale rêverie che il bambino trova le sue favole, favole che non racconta a nessuno”. Nelle favole vive l’immaginazione infantile, la contemplazione, l’ammirazione, la capacità di sostare nelle ore in cui non capita nulla e di credere a ciò che non è direttamente visibile e tangibile.
Le favole non divertono, ma incantano e noi adulti abbiamo perso la capacità di stupirci e di esprimerci con un linguaggio che incanta.
La canzone del mare è una favola che rapisce e meraviglia. Lo sguardo infante del regista Tomm Moore, attraverso i bambini protagonisti del suo film d'animazione, ci restituisce il mondo delle favole.
La canzone del mare inizia con una favola raccontata dalla mamma a suo figlio Ben. Inaspettatamente la storia si interrompe perchè, nel dare vita alla secondogenita, la mamma scompare. La sorellina Saoirse cresce ma, all’età di sei anni, ancora non parla. Ben se ne deve occupare ma è molto scontroso con lei, ritenendola forse responsabile della dipartita della madre.

Attraverso una conchiglia, Saoirse scopre di poter cantare e emettere un suono magico che guiderà i due fratellini, il loro fidato cane e gli spettatori che si lasceranno incantare dalla voce del mare in un viaggio immaginifico tra i miti della tradizione irlandese.
Saoirse, come la mamma, è una selkie, una creatura magica a metà tra la terra e il mare, tra realtà e immaginazione. Grazie a un mantello bianco si può trasformare in foca e attraverso  la musica della conchiglia può liberare le vittime della strega Macha, private delle loro emozioni e trasformate in pietra.
Non aggiungiamo altro alla trama perchè vi priveremmo dell’incanto della storia, della possibilità di accedere al tempo delle favole che richiede, come suggerisce ancora Bachelard, un atteggiamento serio come quello del bambino che fantastica.
 Le ciel attend d’être touché par une main
D’enfance fabuleuse
- Enfance, mon désir, ma reine, ma berceuse –
Par une haleine du matin[2].
E. Vandercammen





[1] [Ho vissuto senza sapere che vivevo la mia favola].
[2] [Il cielo attende di essere toccato da una mano/ Di infanzia favolosa./ - Infanzia, mio desiderio, mia regina, mia ninnananna - / Da un soffio del mattino].





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