Utopie di bambini. Il mondo rifatto dall'infanzia di Luca Mori
L.Mori (2017), Utopie di bambini. Il mondo rifatto dall'infanzia, Edizioni ETS, Pisa.
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«Questo mondo è tutto da rifare!»
(Chiara, 9 anni)
Utopie di bambini. Il mondo rifatto dall’infanzia è un testo
originale e molto interessante che dà voce ai bambini, che giocano e vengono
giocati dalle parole. Quando gli viene concesso il tempo e lo spazio per parlare,
confrontarsi ed esprimere i loro pensieri i bambini stupiscono e continuamente si
stupiscono.
Durante l'anno scolastico 2015-16, Luca Mori ha viaggiato in tutta
Italia entrando in numerose scuole per dialogare con oltre cinquecento bambini intorno al tema dell’utopia, richiamandosi soprattutto a Platone, con un interrogativo di fondo: "cosa si dovrebbe fare, avendo la possibilità di sistemarsi sull’isola e di iniziare tutto
daccapo, per viverci al meglio?" (p.15).
I bambini si sono interrogati
collettivamente, oscillando tra le domande, non sempre hanno trovato una risposta
ma insieme hanno fatto ipotesi e scoperte, hanno sostato in una dimensione
intermedia e possibilitante tra il mondo in cui vivono e quello a loro
desiderabile. Hanno attivato una conoscenza immaginativa che non ha significato
“trastullarsi costruendo castelli per aria o sulle nuvole” (p.15), ma nella sospensione dell’incredulità (Lorenzoni,
2014, p.202) si sono aperti ad altri mondi per avviare una riflessione sul
presente, sul mondo in cui ci si trova.
“Ogni classe costruisce la propria utopia, spesso operando in modo analogo, altre volte in modo diverso, spesso ripetendo il senso comune degli adulti, altre volte distanziandosene, talvolta in modo autonomo e consapevole. I bambini non sono adulti piccoli. Sono bambini. Su molte cose hanno le idee chiare su se stessi e sugli adulti” (p.10).
“Ogni classe costruisce la propria utopia, spesso operando in modo analogo, altre volte in modo diverso, spesso ripetendo il senso comune degli adulti, altre volte distanziandosene, talvolta in modo autonomo e consapevole. I bambini non sono adulti piccoli. Sono bambini. Su molte cose hanno le idee chiare su se stessi e sugli adulti” (p.10).
Colpisce, in modo particolare,
il loro sguardo critico e creativo quando provano a immaginare una scuola diversa da quella a cui sono
abituati. Una scuola dove «si impara giocando, ad esempio con le recite, sulla
guerra civile, sugli Egizi, ecc.» e dove si può giocare oltre il tempo dei
dieci minuti della ricreazione. Un luogo «luminoso e caldo» dove si va
liberamente a fare le lezioni che «dovrebbero essere divertenti»; le materie, «anche
se sono state distinte per nome, si possono combinare». Le maestre dovrebbero «farsi
capire senza urlare» e potrebbero esserci degli insegnanti speciali come un “casaro
per imparare a fare il formaggio, […] un pittore all’altezza di Van Gogh, uno
scalatore per la palestra di roccia, un istruttore di canoa, un ginnasta”
(p.64).
Una scuola itinerante, ponte
verso il fuori, il mondo. «Potremmo fare uno scivolo trasparente
indistruttibile d’acqua, che parte dalla scuola e va a girare tutta l’isola,
tutto il mondo!» (p.62).
I pensieri dei bambini si
rincorrono, si scontrano, si intrecciano in una fitta trama di infinite
possibilità che disegnano il broccato dell’utopia infantile.
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