I cinque malfatti

Beatrice Alemagna, I cinque malfatti, Topipittori, 2014
Quando un’amica, attrice e narratrice, mi ha parlato dei cinque malfatti non ho potuto fare a meno di precipitarmi in libreria per conoscerli e incontrarli, per trovare la loro storia.
E ora mi piacerebbe provare a incuriosire anche voi.

“ERANO CINQUE.
CINQUE COSI MALFATTI”.


IL BUCATO aveva quattro grossi buchi in mezzo alla pancia, IL PIEGATO era chiuso in due come una lettera, IL MOLLE era sempre stanco e mezzo addormentato, IL CAPOVOLTO aveva le gambe per aria e il naso in giù, LO SBAGLIATO era un ammasso di stranezze, una catastrofe.
I cinque malfatti sono inconcludenti, fannulloni, sbilenchi, delle “vere nullità” agli occhi del PERFETTO, un tipo straordinario, bello, con un corpo slanciato e una capigliatura fluttuante.



IL PERFETTO entra in scena vanesio per trovare una SOLUZIONE per guarire la stramberia dei cinque malfatti, un PROGETTO per aggiustare le loro parti deficitarie, un’IDEA per normalizzare l’unicità di ognuno.
Ma i cinque malfatti scoprono e riconoscono le loro fragilità e difficoltà come elementi che caratterizzano la loro identità e ciascunità. Scoprono la ricchezza della diversità di tutti.

Posso immaginare la meraviglia e le risate dei bambini mentre la mia amica legge ad alta voce la storia dei cinque malfatti, questi COSI incompiuti, sgangherati, mancanti che rovesciano l’efficientismo e il produttivismo del mondo adulto, che riconoscono la fragilità come una realtà che riguarda tutti, che nascondono nelle pieghe della loro identità il proprio talento.


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