I.
Calvino (2017), Fiabe italiane,
Mondadori, Cles (TN).
Fiabe
italiane di Italo Calvino è un libro, a mio parere, da tenere
sul comodino, da avere sempre a portata di mano per immergersi in un universo
ammaliante e poetante e ritornare alla vita trasformati o con nuove domande, per
esercitarsi a riconoscere le proprie emozioni, i desideri più profondi, più
autentici, per condividere con qualcuno il piacere di una storia, per
assaporare il gusto della letteratura fine a sé stessa, per praticare la
visione dell’invisibile. Le storie affinano i cinque sensi e il senso dell’immaginazione,
facoltà indispensabile per sognare e costruire un futuro possibile. Una storia
educa al senso dell’umorismo e del grottesco, ci invita a non prenderci mai
troppo sul serio. Le storie educano alla bellezza e accompagnano nell’abbraccio
del sonno ristoratore e sognante.
«Io credo questo: le
fiabe sono vere. Sono, prese tutte insieme, nella loro sempre ripetuta e sempre
varia casistica di vicende umane, una spiegazione generale della vita, nata in
tempi remoti e serbata nel lento ruminio delle coscienze contadine fino a noi;
sono il catalogo dei destini che possono darsi a un uomo e a una donna,
soprattutto per la parte di vita che appunto è il farsi di un destino: la
giovinezza, dalla nascita che sovente porta in sé un auspicio o una condanna,
al distacco dalla casa, alle prove per diventare adulto e poi maturo, per confermarsi
come essere umano. E in questo sommario disegno, tutto» (Calvino, p. XIV).
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