Luciano di Danio Manfredini


“Fatti, incontri, dialoghi, frasi, segreterie telefoniche, immagini, suggestioni accumulate nel corso della mia vita e depositate nel mio mondo interiore.
Il soggetto è un uomo con le sue ansie, paure, desideri, bisogni, stati d’animo, umori. Una chimica dei passaggi che l’essere compie sulla terra di fronte all’amore, al sesso, al denaro, alla follia, la solitudine, i ricordi, la morte.
La memoria si compone e si decompone come un caleidoscopio sul corpo dell’attore.
Se i modelli di comportamento presentati rimandano al mondo dei folli è perché esso più di qualunque altro contesto mi ha rivelato un’immagine contemporanea dell’inquieta umana condizione interiore” (D. Manfredini, Al presente, Edizioni Cadmo, Roma).

Non aggiungiamo altro alle parole di Danio Manfredini, figura unica e particolare nel teatro di ricerca italiano, per presentare il suo ultimo spettacolo “Luciano” e raccontare il lavoro dell’attore su di sé.
Due anni fa, assistemmo a una prova che il regista aveva voluto sottoporre allo sguardo del pubblico e oggi, dopo un lungo percorso di ricerca artigianale e teatrale, l’abbiamo riguardato e ritrovato modificato, distillato in immagini potenti e sognanti che restituiscono un'opera essenziale, simbolica, un microcosmo che si ricostituisce ogni volta nello spazio vuoto del teatro illuminando l’essenza intima e comunitaria di ogni essere umano.


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