Giocare al tempo del Coronavirus

Siamo sospesi in una bolla, almeno noi che viviamo nelle zone gialle e rosse. Una bolla che ha contorni ancora morbidi e permeabili (almeno nella zona gialla), nella quale vigono regole diverse da quelle del quotidiano e nella quale si può soggiornare mascherati (volendo, con mascherine, oppure le maschere del Carnevale, chissà).
Se non ci fosse il virus questa descrizione andrebbe benissimo per lo spazio-tempo del gioco, il cerchio magico descritto da Johan Huizinga nel suo Homo ludens.
Essere esperti della speciale condizione del gioco, separata dall'ordinario, mimetica, magica è forse un vantaggio in questo momento, perché aiuta a relativizzare il presente, a vederlo come un momento di passaggio, dove fare esperienza di una condizione diversa, transitiva, temporanea nel quale giocare ruoli differenti, con maschere variabili e mutevoli.
Di certo ci si può spaventare, si può essere allarmisti e ansiosi, però questo atteggiamento, motivato o meno, non aiuta a vivere le situazioni della vita in cui si è messi alla prova, genera solo reazioni scomposte che alimentano la paura e scatenano il panico.
Non voglio minimizzare il pericolo, non sono un medico e non ho gli strumenti per valutare il rischio che stiamo correndo, ma come pedagogista, e pedagogista del gioco, posso valutare la capacità di quest'ultimo di sviluppare resilienza, di stimolare le capacità di resistenza in modo proattivo e flessibile alle difficoltà che la vita ci pone di fronte. È il gioco a insegnarcelo: è possibile fare esperienza delle cose più difficili e faticose con un atteggiamento più leggero, più possibilitante, più speranzoso, esercitando l'intelligenza, le emozioni e la passione per affrontare gli ostacoli e le difficoltà.
Giocare vuol dire affrontare volontariamente ostacoli non necessari, come ci ha insegnato Suits. Giocando facciamo fatica, ma in modo consapevole, scegliendo di farla, con il solo scopo di divertirci e migliorare.
Se fosse anche solo per questo dovremmo giocare di più in questo periodo, anche perché il gioco ci insegna a stare nelle regole, proprio perché queste, più sono rigide e più sono temporanee e limitate nello spazio-tempo.
Ma giocare è importante in questo periodo anche per altri motivi. Il gioco è una attività che ci consente di stare insieme, facendo qualcosa di coinvolgente e divertente, un modo diverso per passare questi giorni di sospensione, con i bambini, con i ragazzi, con gli amici, in famiglia.
Ieri su La Stampa è uscito un articolo di Federico Taddia, che ha intervistato anche me, riguardo a come passare questo periodo di chiusura delle scuole aiutandosi con i giochi da tavolo.
In questa intervista ho raccontato della mia esperienza di gioco da tavolo in famiglia, in particolare in questi giorni con Pandemic, un gioco cooperativo nel quale tutti i giocatori devono collaborare per sconfiggere la trasmissione di 4 malattie contagiose nel pianeta.



In primo luogo volevo spendere due parole sul gioco da tavolo in generale perché l'esperienza di sedersi insieme a giocare è di per sé un momento importante di socializzazione e condivisione di momenti preziosi. Un modo per imparare a rispettare i turni, a leggere le regole di un gioco, a condividerne le finalità e modalità. I giochi cooperativi, in più, si svolgono con la coalizione di tutti i giocatori contro il sistema gioco, quindi per vincere bisogna scegliere strategie, negoziare, cedere e rischiare, tutti insieme.
In particolare poi Pandemic è un modo con cui stiamo affrontando, in casa, anche il tema della malattia, della trasmissione, potendo verificare in modo simulato come avviene un contagio, e perché è più comune dove la densità degli abitanti di una città è più elevato e dove i collegamenti e le vie di mobilità della popolazione sono maggiori. Si capisce che non sono importanti solo i medici, ma anche chi fa ricerca, chi organizza le situazioni di crisi, chi prende le decisioni. Che a volte è più importante donare che prendere, proprio per arrivare alla sconfitta del virus e molte altre cose utili a rendere il presente più comprensibile.
Inoltre giocare a Pandemic aiuta a rendere più leggero il senso di oppressione che viene dai media e da tutti i lamentosi che ci circondano. Criticare e lagnarsi sono atteggiamenti diffusi, ma nel gioco non servono a nulla, vince chi si impegna di più a superare le difficoltà, trova una soluzione imprevista, aiuta gli altri e ha voglia di sconfiggere il male, in tutte le sue forme.

Infine, da ultimo, e come vuole il motto, non meno importante, con le "malattie" di Pandemic, come in ogni gioco, dopo la partita, puoi anche generare il nuovo...


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