Privilegio dell'infanzia


La verità è che io vivo sempre nella mia infanzia. […] 
In verità, abito sempre nel mio sogno e 
di tanto in tanto faccio una visita alla realtà. 
I. Bergman


“Per dir la verità, penso ai miei primi anni con piacere e curiosità. La fantasia e i sensi ricevevano nutrimento e io non ricordo d’essermi mai annoiato. Anzi, i giorni e le ore esplodevano di stranezze, scene inaspettate, istanti magici. Riesco ancora ad aggirarmi per il paesaggio della mia infanzia e rivivere luci, odori, persone, spazi, momenti, gesti, toni di voce e oggetti. Raramente si tratta di episodi su cui si può raccontare qualcosa, si tratta piuttosto di film, brevi o lunghi, girati a caso, senza un punto culminante.
Privilegio dell’infanzia: muoversi senza impedimenti tra magia e pappa quotidiana, tra terrore sconfinato e gioia esplosiva. Non c’erano limiti al di fuori delle proibizioni e delle regole, e queste erano simili a ombre, il più delle volte incomprensibili. Per esempio non capivo il tempo: devi imparare una buona volta a fare attenzione al tempo, hai ricevuto un orologio, hai imparato a leggere l’orologio. Eppure il tempo non esisteva. Arrivavo in ritardo a scuola, arrivavo in ritardo a tavola. Passeggiavo sereno nel parco dell’ospedale, osservavo e fantasticavo, il tempo si fermava finché qualcosa mi ricordava che dovevo aver fame, e poi erano scenate.
Era difficile distinguere la fantasia da quello che era considerato reale. Se mi sforzavo potevo magari costringere la realtà a mantenersi reale, ma c’erano per esempio i fantasmi e gli spiriti. Come dovevo fare con loro? E le fiabe, erano reali?” 
I. Bergman (1992), Immagini, Garzanti, Milano, p.332.

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