Diventare come dei bambini

foto: Alain Laboile serie: Monochrome Rainbow

Quando finisce l'infanzia

Un pulcino diventa adulto in poche settimane, un gatto in qualche mese, una persona in 13 anni. Durante l’infanzia siamo in quello stato che gli orientali definiscono Zen: la conoscenza della realtà che ci circonda avviene istintivamente mediante quella attività che gli adulti chiamano gioco. Tutti i recettori sensoriali sono aperti per ricevere dati: guardare, toccare, sentire i sapori, il caldo, il freddo, il peso e la leggerezza, il morbido e il duro, il ruvido e il liscio, i colori, le forme, le distanze, la luce e il buio, il suono e il silenzio… tutto è nuovo, tutto è da imparare e il gioco favorisce la memorizzazione.
Poi si diventa adulti, si entra nella “società”, uno alla volta si chiudono i recettori sensoriali, non impariamo quasi più niente, usiamo solo la ragione e la parola e ci domandiamo: quanto costa? a cosa serve? quanto mi rende?
E poi, diventati ricchi, ci si fa costruire una bella villa al lago e, come ricordo di una infanzia felice e perduta per sempre, si fanno mettere in giardino la serie completa dei nanetti e Biancaneve in cemento colorato. 

B. Munari. Verbale scritto. (2008), Milano, Corraini, p. 65.

Punto di svolta in queste righe di Bruno Munari è: "E poi si diventa adulti" come se la transizione dall'infanzia, all'adolescenza e all'età adulta avesse conseguenze note e inevitabili, un piano inclinato lungo il quale scivolare irrimediabilmente. Ma l'infanzia è primariamente una stagione immaginativa, una propensione e una modalità conoscitiva che dipinge uno sguardo potente e amante. Tale sguardo non è lo sguardo del bambino concreto, del piccolo che ci sta di fronte e ci ficca gli occhi addosso, ma è semmai il nucleo di infanzia simbolica presente nella sensibilità del poeta, dell'attore, del pittore, del funambolo, del giocatore, del guerriero dell'educatore e anche del bambino (1).

Sotteso a queste parole è celato un richiamo a compiere una scelta radicale come quella incarnata dagli artisti di ogni genere, ovvero di mantenere vivo e vitale lo sguardo poetizzante, immaginativo anche da adulti. Una scelta che porta con sé una dose di devianza da ciò che a livello sociale è riconosciuto ancora oggi giusto, auspicabile e che associa in modo univoco al diventare adulti la finalità di "diventare ricchi". 

Diventare come dei bambini è un processo poetico, come dicevamo a un tempo politico ed estetico, un percorso faticoso e accidentato. Che si segua, come nella metafora alchemica, una via lenta e umida di cambiamento progressivo, o una via secca e rapidissima di illuminazione e folgorazione, si tratta sempre di utilizzare maggiormente la facoltà immaginativa per accedere a un livello più profondo di conoscenza e partecipazione con la realtà (2).

Oggi affiora sempre con più forza il "diventare come dei bambini" inteso come percorso che conduce a un maggiore benessere e equilibrio sia a livello personale sia collettivo, non si tratta quindi in modo nostalgico di ritornare a essere bambini ma di attivare una postura esistenziale che amplifica le possibilità di esperire, di immaginare, perché lo stile di apprendimento del giardino d'infanzia è esattamente quello che serve per aiutare le persone di ogni età a sviluppare le capacità creative necessarie per prosperare nell'odierna società in rapida evoluzione (3).


Note
(1) F. Antonacci. Puer Ludens. Antimanuale per poeti, funamboli e guerrieri. (2012). Milano, FrancoAngeli, p. 17.
(2) F. Antonacci. Il cerchio magico. Infanzia, poetica e gioco come ghirlanda dell’educazione. FrancoAngeli 2019, p. 65.
(3)  M. Resnick. Come i bambini. Immagina, crea, gioca e condividi. Coltivare la creatività con il Lifelong Kindergarten del MIT. Ericksonp. 15.



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