Il cadavere squisito continua a stupire

 


Accadono cose spiazzanti, inedite e generative quando si accede al campo dell'esperienza del gioco. Per sperimentare il gioco e la sua costitutiva attivazione immaginativa e possibilitante, capace di fare accedere a un livello di conoscenza più profonda, con gli studenti del corso di "Teorie e metodologie dello sviluppo permanente" del corso di Laurea in "Formazione e sviluppo delle risorse umane" dell'Università di Milano Bicocca, abbiamo fatto un gioco. 

Abbiamo giocato al cadavere squisito, un gioco collettivo praticato per la prima volta nel 1925 in un salotto parigino da un gruppo di surrealisti. Il gioco prende il nome dalla prima frase composta: «le cadavre exquis boira le vin nouveau» tradotto in «il cadavere squisito berrà il vino nuovo». Lo scopo del gioco consiste appunto nel comporre una frase in gruppo. Secondo le regole del gioco ogni partecipante scrive all'oscuro degli altri una parte della frase che sarà costituita da nome, aggettivo, verbo e complemento oggetto. 
Nell'immagine in alto sono riportate le frasi dei gruppi di studenti (nei gruppi di 5 persone è stato aggiunto un avverbio).

Questa esperienza di gioco, in cui la casualità dell'associazione dei diversi elementi produce effetti sorprendenti, da una parte, sembra testimoniare la necessità di ridefinire il concetto stesso di casualità, molte associazioni infatti, portano alla luce risonanze solo all'apparenza bizzarre; gli accoppiamenti spiazzanti svelano direzioni, significati e aspetti della realtà profondi e inediti, ai quali non sarebbe possibile giungere con un ragionamento che vaglia e separa in modo rigoroso ciò che ha senso da ciò che non lo ha. Da un'altra parte invece sembra testimoniare ancora una volta l'importanza vitale di preservare, allestire, attivare e sperimentare momenti in cui l'attitudine lusoria possa manifestarsi, per generare bellezza, per divertirsi per il puro piacere di farlo.  

L'immediatezza delle frasi così composte mostra in modo folgorante e al tempo stesso ingenuo l'idea che possiamo, e dovremmo, avere fiducia non solo nella ragione ma anche e soprattutto in ciò che la ragione non riesce a spiegare.

Abbiamo bisogno di intraprendere senza timore direzioni nuove, intravedere  possibilità, generare nuovi significati ed essere agenti di cambiamento. Il gioco fa sentire pienamente sé stessi perché crea le condizioni per un dialogo armonioso degli opposti che abitano all'interno di noi e di cui la vita stessa è innervata. In quanto energia vitale originaria e cosmica, il gioco genera senza tregua e senza mai esaurirsi fiducia nel possibile.

Diventare come dei bambini è un processo poetico, [...] politico ed estetico, un percorso faticoso e accidentato. [...] si tratta sempre di utilizzare maggiormente la facoltà immaginativa per accedere a un livello più profondo di conoscenza e partecipazione con la realtà, livello che si è sperimentato in modo naturale nel periodo infantile e che deve essere recuperato, ricordato, riattivato, sperimentato e agito. Tratto da Francesca Antonacci, "Il cerchio magico. Infanzia, poetica e gioco come ghirlanda dell'educazione". 2019, Milano, FrancoAngeli.

Gratitudine agli studenti del corso di "Teorie e metodologie dello sviluppo permanente" che generosamente e con vivace attitudine lusoria, hanno giocato.

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