In cerca di guai

 

Cantatore L., Galli Laforest N., Grilli G., Negri M., Piccinini G., Tontardini I., Varrà E. (a cura di) (2020), In cerca di guai. Studiare la letteratura per l’infanzia, Edizioni Junior, GruppoSpaggiariParma.

Cambiare direzione di continuo, andare come a caso e sfuggendo ogni meta, con un moto irrequieto che si trasforma in distrazione beata, tale è la sua prima e più certa giustificazione. Fare del tempo umano un gioco e del gioco un’occupazione libera, spogliata d’ogni interesse immediato e d’ogni utilità, essenzialmente superficiale e capace tuttavia, muovendosi in superficie, di assorbire tutto l’essere, non è poco”.
M. Blanchot, Il libro a venire, cit. p. 15.

Spesso è il titolo o la copertina di un libro a incuriosirmi, a chiamarmi all’incontro con un testo che esprime esattamente ciò che penso o provo ma a cui non avevo ancora dato un nome.
Il titolo, In cerca di guai, e la copertina (Canario, Fabian Negrin, 20112) rappresentano un intrigante invito all’avventura, a inoltrarsi nel fitto bosco della letteratura per/con e sull’infanzia, a perdersi in sottili riflessioni e approfondimenti che sviano dalla strada principale e più diffusamente battuta del libro inteso come strumento per educare o più propriamente per insegnare e istruire dilettando.
In questo testo corale, scritto da autori che al di là dei loro titoli accademici sembrano autenticamente appassionati alla materia dell’infanzia, il libro è inteso come un “oggetto estetico” (Cantatore, p.17) che è intrinsecamente educativo perché offre, primariamente, la possibilità di “fare un’esperienza estetica” (p.7), un’esperienza attraversata dalla bellezza, dall’arte, dall’intreccio di linguaggi differenti.
Il libro è inteso come una macchina per immaginare (Negri, p.215), un “giocattolo” (Douzou cit. p.178) che non può essere ridotto a passatempo ma, in virtù della sua serietà e inutilità, offre l’opportunità di esplorare nuove possibilità, di scoprirsi e guardarsi da una prospettiva rinnovata. Il libro, suggerisce Negri, è un’avventura che avviene in uno spazio- tempo ogni volta diverso, il lettore è invitato a camminare, errare, indugiare tra le pieghe del racconto, a perdere il senso tempo, “a cancellare il prezzo del tempo” (Pontremoli cit. p.233).
La rilevanza formativa di un libro sta proprio nell’esperienza che consente di compiere, forse soprattutto quando la letteratura è spiazzante, divergente, anche inquietante e rischia di far smarrire il lettore in un bosco piuttosto che condurlo lungo un sentiero chiaro (Galli Laforest). Libri che, quindi, si rivolgono al bambino non per istruirlo con tono paternalistico e moralistico, ma per aprire nuovi sguardi sul mondo, per dire “qualcosa di radicale, di perturbante, d’illuminante sulla natura dell’essere umano” (Grilli, p.35).
Non possiamo quindi che consigliarvi, come indica questo bel testo (bello anche esteticamente perché accompagnato da immagini che, come suggerisce Tontardini, “dilatano gli spazi del testo”), di inoltrarvi nel bosco della letteratura per l’infanzia, la grande esclusa, la letteratura invisibile, considerata ancora da molti “facile” e “umile”, per riscoprire il bambino “come altra possibilità dentro l’umano, come una possibilità già insita, ma colpevolmente trascurata e dimenticata, dell’umano” (Grilli, p.53).
Come sembra dirci Binca Pitzorno, “la più importante scrittrice italiana per ragazzi e ragazze dell’ultimo quarto del secolo scorso” (Piccinini, p.157):

“Ecco, se dovessi definirmi in quanto scrittrice, potrei dire che sono una bambina che non ha rinnegato la sua patria d’origine e che, fornita di maggiori competenze tecniche rispetto ai suoi fratelli più giovani, usa le sue accresciute capacità di espressione e di padronanza nella lingua scritta per cantare l’epos del popolo cui ancora appartiene, quello dell’infanzia, prima che venga distrutto dalla civiltà dei colonizzatori adulti” (Pitzorno cit. p. 158)


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