Fosco Maraini e Johan Huizinga, per un'estate poetica e ludica

Solstizio d’estate

Giracchia vorticando un caligello
e sfrìggican le fonfe in gnegnoloni
stragizza firignàtico un morfello
tra i gugli, i melisappi, i tarpagnoni.
Spiffate o bellindane i tornichetti,
spiffate ninfaroli le fernacchie!
Chi spiffa si rispàffera in budretti
chi ciucca si rincòcchera in gerlacchie.
Gettiamo i bustifagni alla malventa?
E i lònferi nel fuoco piripigno?
Straquasci l’orgicaglie a luna sbrenta
e trònagi lupastro il frizzivigno!

Fosco Maraini, Gnosi delle fànfole, Baldini Castoldi Dalai, p. 57.

Il concetto vincolato a parole necessariamente sarà sempre inadeguato al fluire della corrente vitale.
La parola che raffigura e rende un’immagine avvolge le cose di espressione, le rischiara coi raggi della comprensibilità.
Mentre tuttavia la lingua della vita quotidiana, come strumento pratico e generalmente accettato, consuma di continuo l’indole immaginativa di ogni espressione in parola, ed acquista una indipendenza strettamente logica in apparenza, la poesia invece continua a coltivare intenzionalmente l’indole figurativa della lingua.
Quel che il linguaggio poetico fa con le immagini è un gioco.
le distribuisce in serie stilistiche, vi depone dei segreti, sicché ogni immagine, giocando, risponde a un indovinello.

Johan Huizinga, Homo ludens, Einaudi, p. 157.

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