“Non si fa niente camminando, si
cammina e basta. Ma non aver altro da fare che camminare permette di ritrovare
il puro sentimento di essere, di riscoprire la semplice gioia di esistere,
quella che domina tutta l’infanzia. Così la marcia, facendoci rilassare,
strappandoci all’assillo di fare, ci permette di incontrare di nuovo
quell’eternità infantile: intendo dire che camminare è un gioco da bambini”
Frédéric
Gros, Andare a piedi. Filosofia del camminare.
Camminare e giocare sono due
attività fine a se stesse, autoteliche (dal greco autos: stesso e telos: fine,
obiettivo), si compiono, cioè, solo per motivazioni intrinseche e non per altro
fine che non sia il conseguimento dei loro stessi obiettivi, senza guadagni o
riconoscimenti di ordine estrinseco (Antonacci 2019, Fink 2008). Quando
camminiamo o giochiamo per motivi altri dal camminare o dal giocare, con lo
scopo, ad esempio, di allenare il corpo o ottenere una buona salute, non stiamo
davvero camminando o giocando ma svolgendo un esercizio in vista di qualcosa
d’altro. Si cammina per il piacere di farlo. Si gioca per il gusto di giocare. Il
cammino e il gioco interrompono il nostro vivere affannoso, il nostro agire
sempre in vista di uno scopo finale e consentono di soggiornare nel tempo,
regalano il presente. Sono una pausa di “eternità” (Fink, 2008).
Camminare e giocare sono
considerate due attività marginali dell’esistenza,
inutili in un’ottica performante e produttiva (Antonacci 2012, 2019, Gros, 2013).
Non possiamo permetterci di perdere tempo a camminare o giocare, di fermarci ad
ammirare e incantarci, di impegnarci per superare volontariamente ostacoli non
necessari (Suits, 2021). Il gioco e il cammino sono svalutati e dequalificati
oppure esaltati da una “retorica entusiasta” (Antonacci, Bertolo, 2021, p.11)
per il ruolo della gamification o del trekking come esperienze di evasione e trionfano
come attività del tempo libero, come ricerca di tranquillità, di contatto con
la natura (Le Breton, 2001), come terapie per l’uomo moderno, “quasi fossero lo
zucchero che aiuta a mandar giù un’amara pillola” (Antonacci,
Bertolo, 2021, p.11).
“Ma il camminare di cui parlo io
non ha nulla a che vedere con l’esercizio fisico propriamente detto, simile alle
medicine che il malato trangugia a ore fisse, o al far roteare manubri o altri
attrezzi; è, il camminare di cui parlo, l’impresa stessa, l’avventura della
giornata. Se volete fare esercizio, andate in cerca delle sorgenti della vita” (Thoreau,
1989, p.16-17).
Si
tratta allora, come suggerisce Antonacci, di ricomprendere il gioco e,
aggiungiamo noi, il cammino come “esperienze vitali e originarie, necessarie
per il vivente per un equilibrio salubre e benefico sia per i singoli, sia per
le comunità” (Antonacci, 2021, p.11).
A
partire da queste premesse vorremmo presentarvi un’esperienza di cammino a cui
stiamo partecipando, in cui è possibile ritrovare alcune analogie tra
l’avventura del camminare e del giocare, e che prova a restituire alla pratica
del cammino la sua valenza originaria ed esistenziale.
Un’ avventura che crediamo valga la
pena condividere e raccontare per la sua portata innovativa e rivoluzionaria,
non solo per la sua sensibilità ecologica ma perché offre la possibilità di
perdersi e ri-orientarsi nel mondo che ci ospita, di ritrovare la terra come
corpo e il corpo come terra.
“[…] camminando non si va incontro
a se stessi, come se si trattasse di ritrovarsi, di liberarsi dalle vecchie
alienazioni per riconquistare un Se autentico, un’identità perduta. Piuttosto,
ci si sottrae all’idea stessa d’identità, alla tentazione di essere qualcuno,
di avere un nome e una storia” (Gros, 2013, p.12).
Si tratta di un gioco di
esplorazione, un cammino a tappe da Milano a Genova a piedi proposto
dall’associazione Georama Esplora. Ogni volta si parte da Milano, si compie un
tratto di strada e si torna in città finchè non si giunge al mare, per poi
ritornare all’origine del viaggio. Si procede in tondo, lungo una spirale, come
nel Giro dell’Oca si compie un viaggio iniziatico, per nulla turistico, ma
fatto di partenze e ritorni che riconsegna l’uomo alla semplicità animale della
presenza, al suo destino di custode dell’essere (Borsani, 2015, Gros, 2013).
La prima tappa è Milano, è l'opportunità
di esplorare con lentezza, senza correre freneticamente come siamo abituati
nella quotidianità, gli spazi omologati e pianificati della nostra città per
riscoprire l'appartenenza ai luoghi che abitiamo.
Dalla metropoli ci si sposta verso
i margini, si seguono sentieri alternativi alle strade già note (come L’Alta Via
del sale o il sentiero dei Celti e dei Liguri), sentieri che gli interpreti di
Georama scoprono camminando.
Camminare diventa un'occasione
unica per scoprire "le zone di indisciplina" delle metropoli, quelle
in cui si trova la possibilità di abitare autenticamente, sviluppare una
"conoscenza locale" (La Cecla, 2005), incontrare e dialogare con le
persone che vivono in questi territori ai margini.
Come nel giro dell’oca che prevede
il procedere, il sostare e l’arretrare si avanza verso la meta lasciandosi
guidare dalle caselle del mondo che possono modificare la progressione del
viaggio, ritardandolo o agevolandolo. Ci si ferma quando si scopre una sorgiva,
una roccia di granito, il borgo della poetessa Antonia Pozzi, due alberi che
non hanno mai smesso di abbracciarsi. Si avanza per raggiungere le acque del
fiume Ticino e si retrocede per ritrovare il sentiero.
Ci si ferma quando si incontra un
imprevisto o una persona che vive i luoghi che si stanno attraversando: il
cercatore di funghi lungo gli argini del canale, il pescatore solitario, il
frate di una comunità terapeutica residenziale, l’anziano gestore di un’osteria
storica.
Come ogni gioco, il cammino prevede
un inizio e una fine segnati da un rituale: un cerchio che include i
partecipanti che ogni volta decidono di unirsi alla comunità di viandanti. Un
cerchio attraversato dalla gentilezza, dalla cortesia e dalla solidarietà che
instaurano un bel rapporto interpersonale tra chi si rende disponibile a camminare
insieme e rendono possibile anche un rapporto armonioso e delicato con le cose,
con il mondo (Byung-Chul Han, 2021).
Il gioco del camminare si compie
fuori, all’aperto, nella campagna avvolta da una nebbia ritrovata, nella luce
tiepida del sole, nell’azzurro del cielo, nell’odore della terra gelata.
“Meravigliarsi della luce che c’è,
dello splendore del cielo. Non ho bisogno, per questo, di alcuna esperienza, di
alcuna competenza. Ecco perché è bene diffidare di coloro che camminano molto e
si spingono molto lontano: hanno già visto tutto e fanno soltanto confronti.
L’eterno bambino è quello che non ha mai visto niente di più bello perché non
confronta” (Gros, 2013, p.85).
Siamo ritornati al bambino,
all’infanzia come sorgente e approdo del cammino e del gioco. L’infanzia come
possibilità di accedere a una modalità di esserci e di conoscere rinnovata, di
accedere alle cose e al mondo in modo autentico e più vischioso, non
categorizzante, esitante, contemplativo, immaginativo, umile e sensibile
(Antonacci, 2019).
Queste riflessioni non potevano che
nascere in movimento, camminando, dialogando con gli interpreti di Georama, con
gli altri viandanti e con le persone incontrate durante il cammino.
Il viaggio si interrompe
momentaneamente per riprendere con il tepore della primavera.
L’associazione Georama Esplora,
recentemente costituitasi, non ha ancora un sito ma potete seguirli sui canali
social di Facebook e Instagram.
Star seduti il meno possibile, non
fidarsi dei pensieri
Che non sono nati all’aria aperta e
in movimento –
Che non sono una festa anche per i
muscoli.
Tutti i pregiudizi vengono dagli
intestini.
Il culo di pietra è il vero peccato
contro lo spirito santo.
Friedrich Nietzsche, Ecce homo
Per approfondimenti
Antonacci F. (2012), Puer
Ludens. Antimanuale per poeti, funamboli e guerrieri, FrancoAngeli, Milano.
Antonacci F. (2019), Il cerchio magico.
Infanzia, poetica e gioco come ghirlanda dell’educazione, FrancoAngeli,
Milano.
Antonacci F. Bertolo M. (a cura di)
(2021), La cicala e le formiche. Gioco, vita e utopia, edizioni Junior,
GruppoSpaggiariParma.
Borsani R. (2015), Sul dorso di
un’oca. Il simbolismo iniziatico del Grande Gioco, Moretti&Vitali,
Bergamo.
Byung-Chul Han (2021), La
scomparsa dei riti. Una topologia del presente, Nottetempo, Milano.
Fink E. (2008), Oasi del gioco [1957],
Raffaello Cortina, Milano.
Gros F. (2013), Andare a piedi.
Filosofia del camminare [2009], Garzanti, Milano.
Guerra M. (a cura di) (2015), Fuori.
Suggestioni nell’incontro tra educazione e natura, FrancoAngeli, Milano.
La Cecla F. (2005), Perdersi.
L’uomo senza ambiente, Laterza, Roma-Bari.
Le Breton D. (2001), Il mondo a
piedi. Elogio della marcia, Feltrinelli, Milano.
Thoreau H.D. (1989), Camminare,
Se, Milano.
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