MAGICAmente
MAGICAmente
(Paul
Klee- Gioco a carte in giardino. 1913)
“N (13 anni): «Scegli una carta»
M (9 anni): (trepidante e
concentrato sceglie la carta) …
N: «Ok, è questa la carta che hai
scelto?»
M: «No»
N: «Questa?»
M: (scossone negativo del capo)
N: «Ok ora mettiamo da parte questo
mazzo, guarda bene, rifacciamo. È questa la carta che hai scelto?»
M: «No.»
N: «Questa?»
M: «No.»
N: «Bene, hai visto che tra queste
quattro carte la tua non c’è. Ora metti le mani in questo modo e prendi queste
carte. Sei pronto?»
M: (impacciato tiene le carte tra
l’indice e il medio come gli è stato chiesto)
N: «Ok. Ora attento. (Con un gesto
fulmineo e di assoluta precisione colpisce le carte e ne rimbalza una sola sul
tavolo da gioco). È questa! Tadaaaaaa, magia»
M. rimane esterrefatto, incredulo e
N. gli risponde che è un mago, è nato così. A questo punto M. si cimenta mettendosi
nei panni del mago. Ci prova e ci
riprova ma tutti gli sforzi sono vani, la magia non funziona. È proprio vero
che N. è un mago allora!”
(Diario di bordo, inizio di un
nuovo anno. 2022)
N. e M. sono due bambini,
accolti all’interno di uno dei progetti educativi del quale faccio parte come
educatrice. N, ha 13 anni di origine
marocchina e con M., che ne ha solo 8 ed è di origine egiziana non fa che
punzecchiarsi. N. è il nostro aiuto traduttore con il piccolo M. che da poco in
Italia non conosce che qualche parola, motivo per il quale N. borbotta,
talvolta finge di non capire, altre volte traduce quello che in quel momento ha
voglia di dire, altre ancora invece quel ruolo lo fa sentire importante e così
trascorriamo pomeriggi interi a scambiarci racconti di culture lontane. C’è una
cosa che N. ama fare per innervosire scherzosamente M., che si sente già grande
(E chi non si sentirebbe così, dopo aver attraversato il Mediterraneo in
barca?!): cantargli la ninna nanna araba che tutti al centro conoscono, con
tanto di interpretazione gestuale e perfetta mimica. E così N. prendendolo di
sprovvista, capita che si avvicini a M. e gli sussurri questa canzone. M.
furente rivendica il suo sentirsi grande, ma essendosi ormai trasformata in una
scherzosa routine si unisce alla collettiva risata che segue la quotidiana
scenetta.
Un giorno di fine anno,
quando l’aria gelida attraversa il corpo, le ciglia si intorpidiscono e gli
occhi si riempiono della meravigliosa atmosfera che le luci e gli sbuffi di fumo
dei comignoli disegnano nel cielo, io e N. ci ritrovammo a conversare di giochi
d’infanzia. I suoi ricordi in Marocco sembravano così lontani eppure ancora
così vivi, così percettibili e vibranti.
Mi raccontò delle partite
a pallone nel cortile dei vicini, delle corse sfrenate per le vie della città e
il suo preferito: le sfide di biglie per le strade e la soddisfazione di
tornare verso casa con le tasche piene di piccole biglie colorate dopo aver
sconfitto tutti i suoi amici. Un racconto avvincente e avventuroso, così
intenso che fu in grado di lasciarmi a bocca aperta, proprio come quando mio
padre mi raccontava delle stesse battaglie a biglie che anche lui da piccolo affrontava
con i suoi amici per le campagne del paese. Qualcosa in quel racconto aveva
risuonato in me quell’ondeggiante magia che si creava al sentire quei racconti
agguerriti e fantastici.
“Tre
sobbalzi,
inspiro.
Espiro.
L’inebriante
brezza di campagna mi avvolge,
inspiro.
Espiro.
Tre
sobbalzi e inciampo felicemente indietro.
INFANZIA.
Inspiro
gocce di serenità e melodie famigliari,
espiro;
grata.
Tre
sobbalzi e ne riemergo trasformata.”
(Diario di bordo)
Dopo infinite
avvincenti storie, cogliendomi totalmente di sorpresa mi obbligò a lasciar
perdere le scartoffie che avrei dovuto terminare di compilare entro fine turno
e categoricamente con tono serio mi disse: “Devo assolutamente farti una magia.
Ora. Pronta?” e mi propose lo stesso gioco di carte riproposto poi a M.
Ne rimasi
estasiata, non solo per il numero, ma specialmente per l’attitudine seria,
impegnata, reale che lo aveva coinvolto, come mai nessun’altra attività nella
quale lo avessimo ingaggiato come equipe educativa. Mi lasciò esterrefatta e
non appena vide M, attraversare la grande sala, accadde quanto descritto sopra.
Un’atmosfera quasi
surreale calò sui due ragazzi, quasi fossero avvolti in un universo totalmente
a sé stante, fatto di coinvolgimento, di sorpresa, di meraviglia, di sussurri,
di menti connesse e concentrate solo in quella magia così concretamente reale.
Quel gioco di sguardi, con gli occhi grandi e sgranati che possono intravedere
e accogliere ogni assurdo sconvolgimento del reale, era un’estasi Poetica
per me che li guardavo.
“Run, Run, Don’t trail behind keep moving
The beasts wont stop till we’re dead
All the scrapes on our knees
Will tell you where we’ve been, where we have bled.
Oh we play,
in autumn days
Won’t lay down our heads till the day is won
Won’t stop running till we reach the sun
Chasing all the things that are keeping us young
We won’t stop running till we reach the sun
Oh we’re building a home
With the mud and the stones and the branches we bind”
(Woodland –
The paper Kites)
https://www.youtube.com/watch?v=KQr6ovP6rW4
Immersa in quell’istante
poetico, il tempo era rallentato ed ero così felice di esservi rimasta
intrappolata che restai tutto il pomeriggio ad assaporare e ammirare quel
tentativo magico e infinito di M. di trasformarsi in un vero mago.
Giulia Corvi
Giulia, sempre una garanzia. Riesce a farti passare l'amore che prova per il suo lavoro e fa riscoprire la bellezza di essere "fragili".
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