REAME DI PIAZZA
Mi avvio frettolosamente verso casa, in
un tiepido pomeriggio di fine febbraio. È una Bologna illuminata da una luce
rosea che si riflette sui muri color mattone e lascia intravedere sullo sfondo
quei colli cullanti. Attraverso ritmicamente le vie di sempre e concentrata
sulla mia stanchezza, presto poca attenzione a chi mi passa accanto, fino al momento
in cui mi trovo finalmente in Piazza San Francesco, a pochi passi da casa. Un urlo
selvaggio mi risveglia da quel torpore: << DOBBIAMO COMBATTERE! ANDIAMO! >>
La piazza della Chiesa è gremita da
una folla di bambini e famiglie di ritorno da scuola. Mi siedo sul muretto e
osservo quei corpi energici impiastricciati di polvere riprendersi la
strada e giocare.
Quel luogo sacro si fa iniziazione di
momenti topici e vitali. Si trasforma ora in campo da calcio, ora in campo da
rugby, da basket e volano palloni come bombe. È una lotta travolgente, occorre
prestare la massima attenzione e avere tutti i sensi in allerta.
<< Io sono il Dio Tassus! Ascoltatemi.
Lui è il mio consigliere!>> esordisce al centro del campo di
battaglia un bambino di circa unidici anni travestito con un cappello
antipioggia, occhiali da sole a forma di cuore e un pallone da rugby stretto
tra le mani che scaglia contro chi intralcia le sue vie. Improvvisamente il
cemento diventa regno, la Chiesa castello, l’amico il consigliere, gli altri
bambini i seguaci del Re Tassus. Un gruppo di tre bambine si avvicina all’appena
proclamato Re con coraggio e inizia una corsa di inseguimento e fuga
interminabile, fino al momento in cui una delle tre, agguerrita, riesce ad
agguantare il consigliere e lo informa di aver trovato una regina per quel
Regno appena costituitosi. << Abbiamo
la regina, vuole sposare Tassus! >> e come
in una cerimonia di incoronazione fanno spazio alla giovane sposa acconciata
con un diadema luccicante sulla chioma bruna e riccia.
Appoggiato al portone di ingresso della
Chiesa un bambino gusta il suo gelato grondante di crema, mentre scatenato è intento
a parare cannonate di palloni e affrontare le parole del padre che lo incalza a
rientrare a casa. Ma la propulsione sotto i piedi per quel gioco folle, lo tiene
ancorato a quella terra che lo richiama a sé.
Scosto di un poco lo sguardo e vedo
sedersi accanto a me due ragazze, probabilmente amiche che iniziano a
sussurrarsi interminabili esperienze adolescenziali fino al calar del sole
quando a poco a poco i bambini lasciano il posto all’arrivo dei più grandi.
Mi sento zampillare melodicamente di
entusiasmo, totalmente immersa in quelle scorrerie barbaresche che bruciano di vitalità.
Osservo quelle generazioni in dialogo, a confronto che tessono fili di Storie,
compenetrandosi.
Fluttuo in quei travestimenti, in quella tensione intraprendente che spinge a riprendersi gli spazi della strada in cui essere Tutto, in cui, ogni giorno, vi è una mescolanza permeabile, nuova e senza confini, in cui, solo il Dio Gioco comanda.
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