I BAMBINI di Giovanna Zoboli


Da come certi adulti dicono i bambini
intendendo con questo
i loro
o quelli dei loro amici
parenti
o vicini di casa
si comprende l’entità della catastrofe
della perpetua violazione
del futuro come una tomba
nera, di questa assenza di mistero
che ci attanaglia.

 

Ieri mattina abbiamo partecipato alla presentazione del libro “I bambini” di Giovanna Zoboli, edito da Interno Poesie e con tavole di Enrico Pantani.
Le poesie raccolte nel testo, ha raccontato l’autrice, nascono dall’osservazione di bambini in situazioni reali o a partire da fotografie di figli di amici o parenti o da alcuni disegni di un’illustratrice. La parola poetica, continua Zoboli, impone una disciplina d’ascolto, costringe all’attenzione (ad-tendere ovvero “tendere verso”) verso i bambini, a “saper ascoltare attivamente; prendersi cura delle persone e delle cose; saper aspettare ed essere presenti; procedere insieme con altri e avere aspirazione” (Ingold, 2019, p.11).
Assumendo questa postura Zoboli scatta istantanee di infanzia, restituendocene il suo irriducibile mistero e la sua stupefacente alterità. I bambini guardano e ascoltano il mondo incomprensibile degli adulti e gli adulti faticano a relazionarsi con la costitutiva ambivalenza del bambino.
L’infanzia disegnata da Zoboli esce dai bordi della semplificazione “delle rappresentazioni infantili
intorno a ruoli prestabiliti soprattutto in funzione di una relazione con il mondo adulto” (Antonacci, 2016, p. 10) e delle immagini di infanzia edulcorate, moralizzate e rassicuranti. L’infanzia è sonora, è fatta di buio e di luce, abita sul crinale tra il giorno e la notte, i bambini sono contenuti nell’aula sospesi “negli interstizi dell’ora e del non-ancora” (Ingold, 2019, p.10) e fanno «pensieri d’oro e di porpora», il bambino ha nostalgia dell’animale e della solitudine del pesce, i bambini si azzuffano, partecipano al gioco delle armi, sono aperti ed esposti al mondo e alla sua presenza e ne vengono al contempo trasformati.
Sono solo alcune immagini a cui Zoboli invita ad accostarci non per propugnare l’ennesimo ritorno all’infanzia come emblema di purezza e innocenza, modello di creatività o luogo in cui tornare per rinnovare e riprendere in mano la propria vita, insieme a quella dei più piccoli. Si tratta, piuttosto, come suggerisce Antonacci (2019), per non correre il rischio di privare il bambino del suo potenziale rivoluzionario soffocandolo dentro le nostre proiezioni, di riaccostarsi all’infanzia “nella sua materialità, nella sua dimensione simbolica e nella sua poeticità” (p.31) con un sguardo critico, rispettoso e fedele per esplorare il suo mondo e trovare nuove immagini che la sappiano raccontare.

Per approfondire

Antonacci F., Rossoni E. (a cura di) (2016), Intrecci d’infanzia, Milano: FrancoAngeli.
Antonacci F. (2019), Il cerchio magico. Infanzia, poetica e gioco come ghirlanda dell’educazione, Milano: FrancoAngeli.

Ingold T. (2019), Antropologia come educazione, Bologna: La Linea.

Zoboli G. (2022), I bambini, Latiano (BR): Interno Poesia.

 

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