Le città continue. Da Monza a Cascina Gobba a piedi con Georama Esplora.

 


Se in pochi minuti da Monza si può raggiungere Milano in treno, in auto o in motorino, perché percorrere il tragitto a piedi?
Così mi ha domandato un amico sorpreso e sconcertato quando gli ho raccontato che avrei partecipato alla decima tappa dell’esplorazione “Dal passo Spluga a Milano”, promossa da Georama Esplora.
Una domanda non banale che interroga il nostro immaginario legato al cammino, il nostro modo di abitare gli spazi ed esserci nel mondo. Perché “sprecare” una giornata per attraversare lentamente territori che siamo abituati a percorrere rapidamente e distrattamente per raggiungere il posto di lavoro, un luogo di loisir o un non-luogo in cui farci recludere per consumare? Perché non andare, invece, a camminare nel bel mezzo della natura pura e incontaminata rincorrendo l’idea diffusa romantica e idealizzata della natura? (Antonacci, 2015) Perché partire dal Passo Spluga per raggiungere Milano a piedi? Perché camminare da Monza a Cascina Gobba?
Questi interrogativi guidano le esplorazioni e concatenazioni che gli interpreti ambientali di Georama propongono a chi abbia voglia di inoltrarsi nelle ragnatele di relazioni intricate e inesauribili del mondo, a chi abbia la curiosità di esplorare e lasciarsi interrogare dagli spazi che attraversa e da cui siamo attraversati, a chi abbia il desiderio di andare per andare, a chi si renda disponibile a modificare la sua andatura, a rallentare e perdere tempo per guadagnare tempo (Zavalloni, 2012).


Non si trovano risposte camminando ma si generano altre domande mentre si oltrepassano i labili confini tra ciò che definiamo naturale e artificiale, tra città e periferia, tra verde e cemento, tra spazio pubblico e privato, tra alto e basso. Partecipare a questo cammino è stato come inoltrarsi nel mondo sognato da Italo Calvino, nello spazio poetico tra una città ideale e una città reale.

 “Come un lago dalle rive basse che si perde in acquitrini, così Pentesilea si spande per miglia intorno in una zuppa di città diluita nella pianura: casamenti pallidi che si dànno le spalle in prati ispidi, tra steccati di tavole e tettoie di lamiera. Ogni tanto ai margini della strada un infittirsi di costruzioni dalle magre facciate, alte alte o basse basse come in un pettine sdentato, sembra indicare che di là in poi le maglie della città si restringono. Invece tu prosegui e ritrovi altri terreni vaghi, poi un sobborgo arrugginito d’officine e depositi, un cimitero, una fiera con le giostre, un mattatoio, ti inoltri per una via di botteghe macilente che si perde tra chiazze di campagna spelacchiata” (Calvino, 2016, p.152).


Siamo passati da una periferia all’altra senza accorgerci da dove siamo partiti e dove siamo arrivati, abbiamo attraversato territori legati da storie che la lentezza ha consentito di scoprire, conoscere e riconoscere, abbiamo provato a concatenare e collegare, attraverso il cammino, spazi all’aperto che non connettono e riuniscono più le persone.
Continueremo a camminare per oltrepassare soglie e scoprire nuove e possibili concatenazioni.

“Ma la domanda che adesso comincia a rodere nella tua testa è più angosciosa: fuori da Pentesilea esiste un fuori? O per quanto ti allontani dalla città non fai che passare da un limbo all’altro e non arrivi a uscirne?” (Ivi, p.153).


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Per approfondire
Antonacci (2015), Gioco in Guerra M. (a cura di), Fuori. Suggestioni nell’incontro tra educazione e natura, Milano: FrancoAngeli.
Calvino I. (2016), Le città invisibili, Cles (TN): Mondadori.
Zavalloni G. (2012), La pedagogia della lumaca. Per una scuola lenta e nonviolenta, Bologna: Emi.

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