Il cerchio di Sophie Chiarello

 


Il cerchio è un film documentario della regista Sophie Chiarello, uscito in questi giorni nelle sale cinematografiche.
La regista, per cinque anni (dal 2015 al 2020), è entrata in una classe di una scuola primaria e ha dato voce ai bambini restituendogli la possibilità di avviare processi di consapevolezza per dare forma al proprio divenire e restituendo, a noi spettatori, l’occasione di sostare per guardare e ri-guardare l’infanzia e avviare processi di criticità e riflessività sulle pratiche educative agite nei contesti scolastici.

Il cerchio viene istituito, uno dei primi giorni della scuola primaria, per condividere il pensiero di un bambino che aveva scoperto come trasformare i sogni in realtà. Il cerchio, come il teatro, è il luogo dei sogni che ci approssimano alla verità, concede ai bambini “il diritto di riconoscere la qualità dei propri pensieri e rendersi conto della loro profondità” (Lorenzoni, 2014, p.11). 

Il cerchio è uno spazio curvo, chiuso e regolare che trasmette pace, dolcezza e sicurezza, è “un rifugio naturale” ricercato e desiderato che interrompe le traiettorie geometriche, ordinate e omologanti dell’aula scolastica, è un tempo che si ripete, che ha il potere di essere moltiplicato indefinitamente e abolisce il tempo nella ritualità (Durand, 1972).

Il cerchio è uno spazio speciale, magico, dove i bambini si riuniscono solo per il piacere di incontrarsi, dirsi, raccontarsi, scoprirsi e scoprire gli altri (Antonacci, 2019). É una radura, un luogo in cui sostare per guardarsi in volto senza dare le spalle ai compagni, è un tempo di sospensione dal baccano del mondo e dal procedere incalzante del “programma da finire”. È un tempo di silenzio, che non viene imposto come punizione o ricatto, ma che consente l’ascolto di sé e del gruppo, l’espressione della libertà nel rispetto di ognuno e nel rapporto di interdipendenza con gli altri e il mondo, rigenera l’attenzione, favorisce il benessere e la ricerca della propria identità. Il cerchio è un tempo di attesa, denso di concentrazione, di partecipazione, di desiderio che riunisce nella pienezza, nello stupore, nella condivisione.

Il cerchio, alla fine del film in corrispondenza della pandemia da Covid-19, si trasforma necessariamente in un’altra figura, sempre chiusa ma rettangolare e delimitata dallo schermo del pc di ogni partecipante. La cinta quadrata, come suggerisce nuovamente Gilbert Durant, “porta l’accento simbolico sui temi della difesa dell’integrità interiore” (1972, p.249) e diventa fondamentale per rimanere in contatto con i pensieri profondi e sottili dei bambini.

Pensare e istituire il cerchio significa, allora, aver cura di sè, dell’altro, del gruppo e dell’esperienza educativa, significa aver cura di offrire quelle esperienze che facilitano i bambini nell’assumersi la responsabilità di dare forma al proprio modo d’esserci, che muovono “il desiderio di apprendere le pratiche necessarie alla ricerca di ciò che è irrinunciabile per autenticare il proprio tempo” (Mortari, 2019, p.13).

Lo sguardo della regista invita, in conclusione, a ritrovare una postura complessa e problematica quanto l'esperienza educativa.
“Coltivare una simile postura può portare ad aver cura dell’esperienza educativa in modo tale che, attraverso di essa, i soggetti coinvolti possano imparare ciò che può aiutarli ad affrontare nel miglior modo possibile i compiti e le situazioni che la vita impone, esplorando e diventando agenti di cambiamento non solo nei propri confronti, ma anche dei loro ambienti di vita (Guerra, 2019). Le esperienze proposte, in tal senso, possono diventare fattori di capacitazione, ovvero condizioni che consentono a chiunque di scoprire ed esercitare capacità anche impensate, di riconoscere i propri limiti ma anche di agire, quotidianamente, quei diritti umani che altrimenti sarebbero loro preclusi (Sen, 1993)” (Palmieri, 2022, p.28).
 
Per approfondimenti

Antonacci F. (2019). Il cerchio magico. Infanzia, poetica e gioco come ghirlanda dell’educazione. Milano: FrancoAngeli.
Durand G. (1972), Le strutture antropologiche dell’immaginario. Introduzione all’archetipologia generale, Bari: Dedalo.
Guerra M. (2019), Le più piccole cose. L’esplorazione come esperienza educativa, FrancoAngeli, Milano.
Lorenzoni F. (2014), I bambini pensano grande. Cronaca di un'avventura pedagogica, Palermo: Sellerio.
Mortari L. (2019), Aver cura di sé, Milano: Raffaello Cortina.
Palmieri C. (2011), Un’esperienza di cui aver cura…Appunti pedagogici sul fare educazione, Milano: FrancoAngeli.
Palmieri C. (2022), L’educazione come esperienza complessa, contingente, problematica in Rossoni, E., Riva C. (a cura di), La Ludotecnica Inclusiva. Giocare con i bambini con disabilità come metodologia educativa, Milano: FrancoAngeli.
Sen A. (1993), “Capability and Well-being”, in Nussbaum M., Sen A. (a cura di), The Quality of Life, Oxford, Clarendon Press, pp.30-53.
 

 


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