I bambini si rompono facilmente
"Non
dorme dentro una conchiglia
non cavalca nessun delfino
non cavalca nessun delfino
non
è mezzo pesce ma per intero
una
bambina,
e il
suo non è affatto un costume di scena
e
non è una fiaba, dato che la sirena
usciva
dal mare con due gambe
mentre
lei entra nell'acqua
con
un solo piede e all'orizzonte
non
c'è nessuna nave e non si vede
principe
per ora
ma
verrà il tempo
che
andranno dietro la sua coda
in
tanti perché vorranno imparare
come
si attraversa con dolcezza
un
così largo e salato mare"
La
bambina sirena
Non potevo scegliere libro migliore
per accogliere l’estate, per godere il piacere della lettura in uno scampolo di
tempo liberato di una breve vacanza trascorsa in riva al mare. Forse i libri ci vengono incontro, quando
si è disponibili a incontrarli, per donarci le parole che danno voce a
sensazioni informi e percezioni sottili, per tradurre visioni in pensieri o
pensieri in visioni.
Non è un caso che il libro di
Silvia Vecchini, mi sia venuto incontro in questi due giorni trascorsi sulla
riviera ligure di levante dove mi è capitato di scorgere qua e là questi
cartelli.
I bambini si rompono facilmente se non vengono rispettati nella loro identità di bambini e nella loro dignità di persone, se vengono considerati soggetti passivi di intenzioni e immagini altrui, se non viene custodito il loro mistero.
Ogni bambino protagonista delle
storie di Vecchini, è circondato o forse accerchiato da adulti che sembrano
aver seppellito in profondità insondabili il loro nucleo di infanzia (Bachelard,
1993), adulti distratti e sopraffatti dalle loro preoccupazioni o fragilità,
irregimentati entro ideologie o schemi razionali che confinano, separano e isolano.
Adulti che faticano o non sono più in grado di esserci, stare, parlare e
giocare con i bambini, di sentire il loro grido senza parole, di abitare il
mondo con l’andatura incerta, claudicante, balbettante dei bambini che più che
risorsa e condizione ontologica (Scardicchio, 2012) è considerata una condizione manchevole e transitoria da oltrepassare,
e se persiste da correggere e raddrizzare.
Ogni storia dei bambini che si
rompono facilmente, di cui Vecchini sembra farsi tramite e cassa di risonanza, apre
possibilità di ascolto, squarci di comprensione, ferite inevitabili.
Ogni storia, senza la pretesa di esserlo, potrebbe essere un trattatelo (Pasolini, 2003) di pedagogia speciale, interculturale, della famiglia, dell’infanzia, di genere. Trattatelli pedagogici e poetici che non sminuzzano la complessità della vita in saperi disciplinari frammentati, ma che rendono conto dell’esperienza umana nelle parole leggere e condensate di Vecchini, nei disegni tratteggiati di Sualzo e nei versi che concludono le storie e che non hanno una fine sancita da un segno di interpunzione forte.
Ogni storia, senza la pretesa di esserlo, potrebbe essere un trattatelo (Pasolini, 2003) di pedagogia speciale, interculturale, della famiglia, dell’infanzia, di genere. Trattatelli pedagogici e poetici che non sminuzzano la complessità della vita in saperi disciplinari frammentati, ma che rendono conto dell’esperienza umana nelle parole leggere e condensate di Vecchini, nei disegni tratteggiati di Sualzo e nei versi che concludono le storie e che non hanno una fine sancita da un segno di interpunzione forte.
Ogni storia, crediamo, dovrebbe
essere letta e riletta da educatori, insegnati, da qualsiasi adulto (compresi
coloro che hanno affisso avvertimenti e divieti che immunizzano, precludono, sterilizzano)
per provare a ripetere l’esercizio di sguardo compiuto da Vecchini che sembra piegarsi
in ginocchio per guardare e ri-guardare i bambini, per conversare e scrivere
con loro, attraversare le stanze, i paesaggi, i disegni, i pensieri e le parole
dei bambini per imparare da loro in ogni istante e ascoltare il loro modo
differente di percepire e abitare il mondo. Un’infanzia sapiente, direbbe
Antonacci (2019), che è una “condizione primigenia, comune a tutti, nella quale
si sperimenta una conoscenza prelogica e prerazionale” (Ivi, p.47), un’infanzia
fedele alla vita anche se ferisce, che crede alla possibilità di trasformare la
realtà per tramite dell’immaginazione, che ha il desiderio di conoscere e
capire, che stabilisce “un fitto colloquio con anime e animali, è un sapere
breve che non torna indietro.
Ti giri, è già sono lontani" (Vecchini, 2023, p.11).
Ti giri, è già sono lontani" (Vecchini, 2023, p.11).
Per approfondire
Antonacci, F. (2019). Il cerchio magico. Infanzia, poetica e gioco come ghirlanda dell’educazione. Milano: FrancoAngeli.
Bachelard G. (1993), La poetica della rêverie, Bari: Dedalo
Pasolini P.P. (2003), Lettere luterane. Saggi sulla politica e sulla società, Torino: Einaudi.
Antonacci, F. (2019). Il cerchio magico. Infanzia, poetica e gioco come ghirlanda dell’educazione. Milano: FrancoAngeli.
Bachelard G. (1993), La poetica della rêverie, Bari: Dedalo
Pasolini P.P. (2003), Lettere luterane. Saggi sulla politica e sulla società, Torino: Einaudi.
Scardicchio A.C. (2012), Il
sapere claudicante. Appunti per un’estetica della ricerca e della formazione, Milano: Mondadori.
Vecchini S. (2023), I bambini si
rompono facilmente, Milano: Bompiani.
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