Vacillare e decentrarsi. Pratiche educative ludiche di cura e bellezza nella relazione a distanza con le disabilità.

Paul Klee, L'equilibrista, 1923

“The only stable thing – is movement – everywhere and always”.
J.Tinguely

L’educatore è una figura professionale dai contorni sfumati, è un funambolo, suggerisce Schiavone (2019), alberga in una condizione di “equilibrio permanentemente instabile” (Barba, 1993), si muove in ogni istante oscillando tra saperi e riflessività e la gestione incerta e imprevista della quotidianità, sempre in bilico tra la propria e altrui fragilità.
In questo particolare momento storico noi educatori ci siamo accorti di vacillare più del solito perché, subitaneamente, ci siamo ritrovati ad agire su un nuovo e inedito palcoscenico formativo, ad assumere un ruolo mai sperimentato fino ad oggi, a mettere in scena insieme alle persone di cui ci prendiamo cura un nuovo copione. 
Il diffondersi della pandemia ha determinato una particolare situazione che ha reso tutti più vulnerabili, ha determinato le condizioni per cui si sono prodotte nuove fragilità e di conseguenza l’esclusione (pensiamo, ad esempio, a coloro che vivendo in una condizione di povertà economica o educativa sono esclusi dalle pratiche educative on-line) è divenuta un fenomeno diffuso, non più ascrivibile con precisione e a priori solo a certe categorie di persone, particolarmente fragili e bisognose di aiuto (Ferrante, 2020). 
L’educatore si trova, quindi, immerso in un nuovo e complesso scenario educativo che dovrebbe attraversare imparando a camminare ex novo, problematizzando i suoi abituali schemi di pensiero e di azione per predisporsi all’incontro con i bambini, i ragazzi, gli adulti e gli anziani nell’attuale situazione di disagio.
In questo breve, e di certo non esaustivo articolo, proverò a esplicitare e condividere riflessioni, vacillamenti e tentativi di pratiche educative ludiche rivolte a bambini con diverse tipologie di disabilità (intellettive, motorie, neuromotorie e sensoriali) che frequentano il servizio dello Spazio gioco di l’abilità onlus (le prassi dell’associazione sono state inserite tra le best practice dell'European Disability Forum). Riflessioni che sono tuttora aperte e arricchite dal continuo e stimolante confronto con i colleghi, i mentori, i testi di riferimento, i bambini e le famiglie a cui ci rivolgiamo. Una comunità pedagogica che, nell’isolamento delle nostre quattro mura, si è mantenuta viva e rigenerata nella difficoltà. Una comunità costituita da persone che con umiltà e ri-guardo hanno provato a sostare e mettersi in ascolto di sé e dell’altro e non si sono limitate a inveire contro insegnanti e educatori intimandoli di alzare il telefono per chiamare i bambini (magari anche un bambino non in grado di comprendere il linguaggio verbale e di esprimersi attraverso le parole!) o a magnificare presunte buone pratiche tecnologiche sfruttando concetti passe-partou (vedi alla voce empatia o relazione) che vanno bene in ogni circostanza e dunque non spiegano nulla.
Allora ripartiamo dalla costitutiva condizione di instabilità dell’educatore che, se da una parte implica un’indubbia fatica e un impiego di energia extra-ordinaria per stare in una postura oscillatoria, dall’altra consente di rimanere in contatto con le domande e gli interrogativi che ci fanno vacillare in un movimento ininterrotto che va da me verso l’altro e dall’altro verso me. 
Vacillare e decentrarsi si sono rivelate due azioni del pensiero fondamentali per ripensare il nostro intervento educativo con bambini con bisogni e necessità differenti, per ripensare le nostre abituali attività che, se proposte non in presenza ma dietro uno schermo non risultano più funzionali, per ristabilire gli obiettivi che sempre si modificano lungo il cammino.
Tali riflessioni si sono tradotte in diverse azioni che proverò a enumerare con lo scopo di stimolare ulteriori idee e possibilità di intervento, nella convinzione che in ambito educativo non si possano e debbano prescrivere ricette o dogmi ma ciò che è fondamentale è la consapevolezza e la capacità meta-riflessiva di ognuno.
Nell’ottica di promozione al diritto al gioco, soprattutto in un questo particolare momento di difficoltà e reclusione in casa, è stata distribuita, a tutti i bambini che frequentano i servizi di l’abilità, una scatola con alcuni giochi adeguati alle possibilità di ognuno. La RIGHT BOX ha provato a rispondere ai bisogni dei bambini che in casa non hanno la possibilità economica di avere a disposizione dei giocattoli, ai bambini che, alcune volte, ne hanno troppi ma non sono adeguati alle loro possibilità, ai bambini che utilizzano sempre lo stesso gioco in modo ripetitivo e stereotipato e faticano ad aprirsi a nuove esperienze, ai bambini i cui genitori non sanno quale gioco scegliere e comprare perché  presentano difficoltà cognitive, motorie, comunicative, relazionali. Ancor di più la RIGHT BOX ha significato per una famiglia, “una carezza di bene in questo periodo che stiamo vivendo, un gesto di bellezza”.
Insieme alla RIGHT BOX è stato preparato un manuale di giochi individualizzato per strutturare l’ambiente di gioco nel contesto domestico.
Inizialmente abbiamo, quindi, provato a stimolare la partecipazione dei genitori nella relazione di gioco con il proprio bambino fornendogli indicazioni e il materiale adeguato. Alcune famiglie si sono messe in gioco proponendo, per la prima volta, al loro bambino di far finta di dar da mangiare alla bambola o divertendosi con la schiuma da barba sulle mani e sulle braccia. Altre, per diverse difficoltà di ordine organizzativo, strutturale o emotivo, hanno mostrato il bisogno di un supporto ulteriore.
Dove necessario abbiamo provato a sperimentare un momento di gioco a distanza con il bambino, affiancato dalla mamma o il papà. In queste situazioni, l’educatrice non solamente ha potuto continuare a stimolare le abilità ludiche, cognitive, motorie, comunicative del bambino ma ha svolto, al contempo, un ruolo di supporto alla genitorialità, una consulenza ludica per sostenere i genitori a scoprire le abilità ludiche del proprio bambino e a condividere il piacere di giocare con lui (da questa esperienza ripartiremo per ripensare un eventuale nuovo servizio alla riapertura).
Sono poi stati preparati dei video divertenti e accattivanti per suscitare l’interesse dei bambini, video che, grazie alla creatività anche tecnica delle educatrici, possono essere fruiti dai bambini in autonomia partecipando a semplici giochi per loro interessanti, ascoltando storie da loro amate (magari tradotte con i simboli della Comunicazione Aumentativa Alternativa oppure presentate con la modalità dello Story Box o anche storie sonore) o canzoni che invitano il bambino ad ascoltare o a partecipare imitando i gesti compiuti dall’educatrice .
Per continuare a stimolare il gioco motorio, vitale per ogni bambino soprattutto in questo momento, sono stati coinvolti gli allenatori di Inter Campus, con cui l’abilità ha recentemente avviato un progetto inclusivo legato al gioco del calcio. Attraverso dei video brevi e semplificati, gli allenatori propongono divertenti giochi di movimento che possono essere svolti a casa, anche in uno spazio limitato e con materiali facilmente reperibili e che possono essere condivisi con i fratelli e i genitori.
Il percorso è in continua costruzione, si arresta ogni volta che incontra le difficoltà che emergono più numerose con il prolungarsi del periodo di quarantena e viene ricalibrato, ogni volta, a partire dalle necessità di cura dei bambini e delle famiglie, senza aderire incondizionatamente al mito della tecnologia, ma continuando a vacillare e decentrarsi, verso la bellezza.

Non posso concludere senza ringraziare sentitamente la mia piccola ma infinita comunità pedagogica di riferimento. Carlo Riva, direttore di l’abilità Onlus e tutti i coordinatori dei servizi dell’associazione per il costante e arricchente confronto, le educatrici dell’equipe dello Spazio gioco per la loro passione, Anna Magrin per l’ascolto e la condivisione di sguardi, Francesca Antonacci e Monica Guerra per gli incontri settimanali organizzati dall’Università di Milano-Bicocca, il gruppo di ricerca Puer Ludens per gli spunti di riflessione, gli allenatori di Inter Campus per la loro professionalità, gli autori citati e non citati nell’articolo, i genitori e tutti i bambini per il loro desiderio di giocare.

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