Un canto al gioco e al cammino. Da Milano a Bergamo a piedi con Georama Esplora
Solo
nella speranza noi siamo in cammino.
Byung-Chul
Han, Contro la società dell’angoscia. Speranza e rivoluzione
La
speranza è l’arcobaleno gettato al di sopra del ruscello precipitoso e
repentino della vita,
inghiottito
centinaia di volte dalla spuma e sempre di nuovo ricomponentesi:
continuamente
lo supera con delicata bella temerarietà,
proprio
là dove rumoreggia più selvaggiamente e più rumorosamente.
Friedrich
Nietzsche, Umano troppo umano I e Frammenti postumi
In questa dichiarazione di intenti e di amore sembrano già risuonare delle analogie tra il giocare e il camminare. Avevamo già indagato la dimensione autotelica del gioco e del cammino nel superamento della relazione strumentale, della scissione tra mezzi e fini. Camminare e giocare sono contemporaneamente mezzo e fine, “attraversamento e meta in cui è predominante la dimensione del piacere e della curiosità come fine in sé, non strumento per qualche altra cosa” (Labbucci, 2011).
Continueremo, ora, ad approfondire l’intreccio tra queste due dimensioni marginali ma essenziali dell’esistenza che possono, forse, restituire dignità e speranza alla vita.
Il cammino e il gioco non sono solo un’attività, ma una disposizione conoscitiva appassionata e generativa di connessioni, un’esperienza ambigua e contradditoria.
“Giocare [o camminare] è una questione di sguardo, una questione corporea, è una disposizione d’anima più che un’attività” (Antonacci, 2012).
Chi cammina [o chi gioca] fa sempre una doppia esperienza: della differenza e dell’uguaglianza, dell’individualità, di se stessi e del mondo (Labbucci, 2011).
Il giocatore e l’esploratore si muovono verso l’ignoto sperimentando l’imprevedibilità, l’incertezza, la vulnerabilità, la curiosità, la sfida, l’interdipendenza, la libertà, le regole. Quando si sceglie volontariamente di partecipare a un gioco o di intraprendere un cammino ci si rende disponibili a fare i conti con l’imprevedibile e l’imprevisto, con possibilità nuove, sognate, non ancora pensate o che non si sono mai presentate.
Il giocatore e l’esploratore sono sovversivi perché perdono tempo ritrovando il tempo presente del piacere e il tempo futuro della speranza. La speranza intensifica la nostra attenzione per ciò che non è ancora, per chi non si è ancora verso la possibilità di divenire di più.
Camminare e giocare ci fanno stare bene perché siamo nel flusso di un’esperienza intensa che intraprendiamo solo per il gusto di farla, che coinvolge il nostro corpo-mente tendendolo tra l’incertezza e l’ansia di una prova sfidante e la certezza e la fiducia nelle proprie capacità. Mentre nella vita ordinaria le persone cercano in tutti i modi di utilizzare meno energia possibile, di ottimizzare se stessi e di evitare il fallimento, nei giochi e nei cammini si è disposti a faticare, divagare, fermarsi, ripartire, si accetta anche il fallimento “come una condizione possibile, e anzi necessaria a sentirsi ingaggiati e partecipi […] Il motivo per cui i giocatori [e gli esploratori] amano affrontare l’incertezza nelle sue’ (iverse forme, è che ‘capiamo che il fallimento, la tragedia e in generale la spiacevolezza sono necessari per la nostra esistenza’(De Koven , 2002, p.152). E nonostante queste esperienze sono spiacevoli da fronteggiare, sono decisamente più sopportabili dell’horror vacui di un’esistenza piatta e prevedibile, senza increspature, difficoltà, fatiche” (Antonacci e Bertolo in Costikian, p. X). Più sopportabili del regime dell’angoscia della nostra società che isola, spinge in una strettoia (il termine angoscia, come sottolinea Han, significa originariamente “strettezza”, riduzione di ogni prospettiva), paralizza, conduce all’alienazione, alla solitudine, all’isolamento, allo smarrimento e alla diffidenza (Han, 2025).
Giocare e camminare generano legami, associano e creano uno spazio sociale e collettivo sospinti dalla delicata bella temerarietà e dal dolce trambusto della speranza, di uno sguardo proteso in avanti curioso e meravigliato, umile e sensibile, esitante e immaginativo, in ascolto e attento all’Altro, alle cose, al mondo, alla bellezza.
Il gioco e il cammino sono innervati di infanzia, come “progetto di speranza, come condizione materiale e simbolica per il progetto di uomo nuovo e di un mondo nuovo” (Antonacci, 2019, p.13).
Filamenti di sole,
sopra lo squallore grigionero.
Un pensiero ad altezza
d’albero s’appropria il tono
che è della luce: ancora
vi sono melodie da cantare
al di là degli uomini.
Paul Celan, Filamenti di sole
Antonacci, F. (2012). Puer
Ludens. Antimanuale per poeti, funamboli e guerrieri. Milano: FrancoAngeli.
Costikyan G. (2022), L’incertezza nei giochi, Città di Castello (PG): Ludica.
De Koven B. (2019), Buon gioco. Giocare bene per vivere bene, Trento: Erickson.
Han B.C. (2025), Contro la società dell’angoscia. Speranza e rivoluzione, Torino: Einaudi.
Labbucci A.(2011), Camminare, una rivoluzione, Roma: Saggine.
[1] Queste riflessioni non sarebbero potute nascere se non in cammino con la comunità esploratrice di Georama Esplora. Sabato 15 marzo abbiamo percorso la prima tappa (dal Duomo a Linate) della Concatenazione Milano – Bergamo che, in sei tappe, raggiungerà Bergamo. Trovate tutte le informazioni sui canali social di Georama Esplora.
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